di Francesco Donnici

«È la rappresentazione della Calabria che determina la realtà o è la realtà che determina certe rappresentazioni negative?» Si è chiesto in una recente intervista l’antropologo Vito Teti, padre del concetto di “restanza”. Un interrogativo sovrapponibile alle cronache di San Luca, borgo incastonato ai piedi dell’Aspromonte, che dopo le prossime elezioni amministrative dell’8 e 9 giugno andrà incontro all’ennesimo commissariamento prefettizio per mancanza di candidati. Uno scenario illo tempore predetto dal sindaco uscente, Bruno Bartolo, infermiere di 75 anni, qualora fossero mancate le condizioni per proseguire con una nuova candidatura (ed eventuale secondo mandato). Il suo obiettivo era quello di «normalizzare San Luca», paese che per la sua storia «continua a non essere percepito come normale», disse un anno fa a lavialibera. Il suo programma era essenziale: più servizi, più lavoro, più infrastrutture. Ma in una terra che “normale” non è, anche gli obiettivi minimi si scontrano con difficoltà insormontabili. Se si depriva il discorso delle facili retoriche fatte di assenza della “politica di Palazzo” e di asfissiante giogo della ‘ndrangheta, ciò che più fa paura è che le sorti di San Luca sono comuni a quelle della quasi totalità dei centri dell’entroterra calabrese – e del Meridione più profondo – destinati all’oblio indotto dallo spopolamento, indotto dalla mancanze, indotte…e così via nella catena delle responsabilità di un gioco al massacro simile a quello patito dal celebre topolino comprato per due soldi alla fiera dell’Est.

Passato. San Luca, comune di circa 3mila residenti almeno sulla carta (secondo la rilevazione del 2023), è noto come la culla di “Mamma” ‘ndrangheta, «centro nevralgico dei luoghi deputati a custodire l’ortodossia delle regole» fondative della mafia calabrese. Così lo aveva definito, nel 2013, il prefetto di Reggio Calabria, Vittorio Piscitelli, nella relazione che diede il là allo scioglimento per infiltrazioni mafiose del consiglio comunale. Nella “bussola” provinciale, è l’ago tra la Locride, la Piana di Gioia Tauro e la città di Reggio, punti cardinali dei tre “mandamenti”. Alcune rappresentazioni, ancora oggi, vedono San Luca come il paese dell’insegna stradale forata dai proiettili delle lupare; di Angela Casella (madre di Cesare, che nella stagione dei sequestri di persona scontò una prigionia dal 8 gennaio del 1988 al 30 gennaio del 1990) incatenata in piazza per chiedere la liberazione dei figlio; dei corpi lasciati in strada durante la faida tra i Nirta-Strangio e i Pelle-Vottari innescata nel 1991 da uno scherzo di Carnevale e protratta fino alla strage di Duisburg del 2007; quello dell’investitura del “Capocrimine” al Santuario di Polsi, nei giorni di inizio settembre dedicati alla Madonna della montagna. Eventi che nel tempo hanno creato una cortina di paura sfociata in una stagione di commissariamenti durata in ultima battuta dal 2013 al 2019. L’opera di Salvatore Gullì è stata apprezzata dalla cittadinanza, che scrisse al Viminale affinché il commissario potesse rimanere sul territorio, tanto che tra il 2017 e il 2018 non erano arrivate candidature che potessero alterare lo status quo indotto dalla stasi amministrativa. Una sfiducia verso la classe politica tradotta nel 22% dei votanti in occasione delle ultime elezioni Politiche.

Veduta panoramica di San Luca (RC). [foto di F.Donnici]

Presente. Benché le più recenti inchieste – su tutte “Eureka” del maggio 2023, la più grande di sempre contro le “famiglie” del “mandamento ionico” – descrivano ancora oggi la Locride come «roccaforte» e «centro decisionale» degli affari delle ‘ndrine, il territorio è molto cambiato negli ultimi anni. Il Santuario di Polsi, un passo dopo l’altro, sotto la guida del nuovo rettore Tonino Saraco, parroco di Ardore, sta sorgendo a nuova vita. E dal 27 maggio 2019 San Luca era tornato ad avere il suo sindaco. La lista “San Luca ai sanluchesi” con a capo Bruno Bartolo, presentata per far fronte all’iniziativa del “massmediologo” Klaus Davi, si era imposta ottenendo il 90,21% delle preferenze. La popolazione si è stretta intorno all’amministrazione cercando di costruire una nuova immagine che passasse, anche e soprattutto, per la valorizzazione della memoria del suo cittadino più illustre: «Se la Calabria ha un cuore… questo batte a San Luca. Qui nacque Corrado Alvaro», si legge sui nuovi cartelli stradali.
Riscoprendosi comunità, San Luca si è trovata ad affrontare i classici problemi delle zone montane calabresi cui si sono sommate ulteriori “piaghe” come la peste suina che ha decimato i maiali neri d’Aspromonte – su cui molti avevano investito – tra il 2022 e il 2023. «Noi siamo in credito con lo Stato dal 1973», anno dell’alluvione che sconvolse il paese, diceva un anno fa Bruno Bartolo. L’assenza dell’apparato centrale ha accelerato il declino di un borgo che «fino ad allora sembrava un presepe, come raccontato in “Gente in Aspromonte”». La scorsa estate, il sindaco di San Luca (insieme a quelli di Platì, Africo e Careri) aveva scritto al ministro Valditara chiedendo un intervento strutturale su scuola e lavoro per togliere i giovani dalla strada e incentivare quel concetto di “restanza” quale antidoto alla desertificazione sociale di quelle aree. Il «comune percorso di antimafia», scrivevano, è «legato a specifici progetti che fanno perno su una scuola qualificata e realmente formativa, con edifici e strutture didattiche moderni quanto quelle del Nord ricco e sviluppato». Il ministro arriva nella Locride a settembre, ma seguiranno poche iniziative concrete. Zone come San Luca scivolano spesso sul fondo dell’agenda delle priorità. «La “normalizzazione” del paese passa dai suoi servizi», diceva sempre Bartolo. «Mi sto battendo per una forestazione produttiva e non assistenzialista», che possa impiegare la popolazione e tutelare il territorio senza ricadere nella distorsione che fino al 2010 vedeva un quarto della popolazione (inutilmente) impiegata nel settore. «Per andare al Santuario di Polsi non c’è una strada degna di tale nome». Nonostante due lotti siano «già finanziati» (il primo nel 2017), i fondi «non si riescono a sbloccare per problemi burocratici». «Se riesco almeno a fare la strada sarò ricordato per questo», chiosava il sindaco in un misto di aspettativa e malinconia. L’epilogo, nei fatti, parrebbe diverso.

Bruno Bartolo, sindaco di San Luca (RC) davanti alla casa natale di Corrado Alvaro. Luglio 2023. [foto di F.Donnici]

Futuro. Sono stati anni di timidi passi in avanti, oltre il peso di stigma ed indifferenza. Il prossimo commissariamento porterà ora il paese indietro di cinque anni? «Non ho più la forza», dice Bruno Bartolo ad Avvenire annunciando il confronto coi cittadini di questo 21 maggio per «dire come abbiamo trovato il comune e come lo lasciamo». «C’è chi mi dice di restare», aggiunge, ma intanto nessun altro si fa avanti per raccogliere il testimone.
«È una scelta che sembra essere una resa», scrive in una “lettera aperta agli uomini e alle donne della Locride” monsignor Francesco Oliva, vescovo della diocesi di Locri-Gerace. «San Luca in questi ultimi anni è cresciuta tanto nella consapevolezza della propria identità ed ha saputo mostrare il suo volto positivo», ma «dal voto dipendono la democrazia e soprattutto la vita della comunità». «Il governo della Città – continua il vescovo – è nelle mani di tutti, nelle nostre mani e non possiamo arrenderci, cedendo alla deriva del disinteresse e del chiuderci in noi stessi». Un appello ad avere speranza, forse. Intanto San Luca, quale portavoce di tante realtà simili, non può che tornare ad aspettare: un sindaco, un commissario, un ministro, la divina provvidenza.

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