Il tema del contrasto al fenomeno della corruzione, insieme a quelli di trasparenza ed integrità dei comportamenti, sono indubbiamente una delle priorità che riguardano il rinnovamento della Pubblica Amministrazione italiana negli ultimi anni; anche in relazione tanto alle richieste dell’Unione Europea quanto alle aspettative della collettività e dell’opinione pubblica. Da questo punto di vista, l’approvazione della Legge 6 novembre 2012, n. 190, oltre alle sue successive modificazioni ed integrazioni, è stata senz’altro un punto di svolta, sia per l’impatto verso l’opinione pubblica (nazionale e internazionale), sia per le ricadute organizzative e culturali che ne sono derivate per gli Enti; primo fra tutti, l’obbligo di redigere e mantenere aggiornato nel tempo un Piano Triennale di Prevenzione della Corruzione intimamente connesso con i diversi adempimenti in ambito di trasparenza ed integrità.

PA integra a 360°. La nuova disciplina dell’anticorruzione nella Pubblica Amministrazione“, a cura di Bruno Susio, con la collaborazione di Emanuele Barbagallo e del nostro redattore Samuele Motta (Ipsoa, 2016), ci è parso un utile strumento da segnalare, specialmente alle amministrazioni, per comprendere il fenomeno corruttivo e conoscere le modalità di prevenzione e contrasto.  Centrandosi sull’interpretazione delle norme per la prevenzione della corruzione quali stimolo ad intervenire sull’organizzazione del lavoro per costruire ambienti “impermeabili” al rischio corruttivo, il libro affronta anche il tema del rischio etico, dei comportamenti individuali e del significato di prevenzione della corruzione. Lo scopo è quello di suggerire una lettura della norma non adempimentale (come mero obbligo da svolgere), bensì operativa, ossia capace di stimolare all’azione chi deve utilizzare le norme stesse.

Il cuore del volume tratta, infatti, gli approcci operativi per la garanzia dell’integrità e trasparenza dei comportamenti nella Pubblica amministrazione. Dopo aver illustrato le metodologie più efficaci per l’identificazione e la gestione dei rischi corruttivi e la progettazione delle azioni organizzative necessarie a minimizzarli, si riportano alcune delle esperienze in atto nella realizzazione di efficaci strategie di prevenzione della corruzione che testimoniano invece che, se si vuole, si può intervenire concretamente e con successo per mettere in campo misure atte a prevenire i fenomeni di non integrità, in particolare con riguardo a ciò che avviene nel mondo degli enti territoriali.

Su concessione dell’editore pubblichiamo di seguito alcuni estratti del libro.

PA integra a 360°
La nuova disciplina dell’anticorruzione nella Pubblica Amministrazione
A cura di Susio Bruno (Ipsoa, 2016)

“Innanzitutto, cos’è la corruzione? Corruption is a crime of calculation, not passion. Così la descrive Robert Klitgaard nel suo paper del 1997 International cooperation against corruption. Ossia essa è sì un crimine, ma un reato sempre doloso e mai colposo; un qualcosa di razionalmente scelto. Secondo Rogow e Lasswell, nella loro opera Power, corruption and Rectitude del 1963, la corruzione consiste nel trasgredire l’interesse comune ponendo al di sopra di esso l’interesse particolare. Così come per Transparency International, l’organizzazione globale non governativa e no profit che si occupa di prevenire e contrastare la corruzione, essa è definibile generalmente come Abuse of entrusted power for private gain, ossia un “abuso da parte di un soggetto del potere a lui affidato al fine di ottenere vantaggi privati”, come la definisce anche il Piano Nazionale Anticorruzione del 2013. Da queste definizioni si evince quindi che la corruzione consiste in un fenomeno illecito che vede la presenza di una relazione fra almeno tre soggetti: il corrotto, il corruttore e la società o la collettività che risente di questo rapporto illecito. Una relazione che porta reciproci vantaggi ai primi due attori, a discapito del terzo. La corruzione è quindi un abuso, un uso errato e smodato di risorse, che coinvolge la dimensione individuale di corrotto e corruttore in contrasto con la dimensione collettiva della società, dell’Amministrazione pubblica e quindi dello Stato, che causa dei riverberi e dei riscontri negativi su questi ultimi. Uno scontro di interessi che è già di per sé evidenziato nel termine stesso, “corruzione”, che sottolinea un’idea di frattura e persino di tradimento del singolo nei confronti della moltitudine. Infatti, le “risorse” che mette in gioco lo scambio corruttivo sono in gran parte risorse pubbliche, che dovrebbero essere utilizzate e spese per perseguire interessi della comunità. Mentre invece sono usate per il vantaggio di pochi singoli. Un’altra caratteristica del fenomeno corruttivo, che ne aumenta ancor di più l’incisività nella quotidianità ed il proliferare, è il fatto che esso sia tendenzialmente sommerso. Esso è uno scambio occulto e non visibile, di cui non si può rendere pubblico il contenuto, perché si andrebbe contro la legge, la morale o dei dettami. Ciò accentua la necessità, quindi, di creare degli strumenti e di operare con essi per agire in maniera preventiva rispetto a questo fenomeno, evitando che ne derivi sempre il bisogno di rivolgersi all’azione della magistratura per comprendere l’evolversi dell’agire corruttivo; in quanto l’azione giudiziaria risulta essere piuttosto la punta dell’iceberg del problema, mentre il resto rimane celato e nascosto. È poi quindi fondamentale che, oltre ad attrezzare i necessari anticorpi strumentali, ci si ricordi che “chi ha un incarico pubblico […] risponde a una doppia istanza etica, individuale e sociale, perché deve dare conto delle sue scelte anche alla comunità”; poiché la corruzione, in quanto fenomeno doloso, è anche una questione di coscienza personale e di consapevolezza.”

(…)

“Bisogna poi anche provare ad agire efficacemente nell’affrontare la stessa percezione che i cittadini hanno della diffusione dell’illecito in generale nella P.A.; che porta a‐priori disaffezione e risentimento verso la cosa pubblica e, quindi, lo Stato. In questo senso, l’Italia presenta poi un altro motivo per porsi alcuni interrogativi riguardo alla costruzione di quel sistema etico per affrontare la corruzione, di cui si diceva precedentemente. Infatti essa continua ad offrire, ancor più col passare del tempo, una sorta di “differenziale etico”, che sembra separarla ormai dagli altri Paesi europei. Questo consiste nel fatto che, negli altri Stati d’Europa, il ruolo dell’etica nell’agire politico quotidiano è decisamente più presente e pervadente rispetto che in Italia, come meglio dimostrato anche nell’ultimo paragrafo del presente capitolo. Un esempio di ciò può essere riscontrabile allorché si manifesti un caso illecito riconducibile ad un’azione corruttiva. Mentre negli altri Stati, in molti casi, la vergogna politica ed il biasimo sociale portano l’interessato a dimettersi dalla propria carica pubblica per affrontare la situazione giudiziaria; in Italia, invece, in moltissimi casi ciò non avviene. Anzi si sfrutta la propria posizione per meglio porsi ed agire nelle sedi giudiziarie. Questo avviene perché il valore dell’etica e del rispetto della stessa, nei confronti dei propri elettori e, più in generale, dei cittadini e dello Stato, sembrerebbe essere altrove, più che nel Bel Paese, una leva sufficiente per spingere a compiere un passo indietro allorché ci si ritrovi coinvolti da rappresentanti in una controversa giudiziaria legata alla corruzione. Ciò, ovviamente, favorisce in Italia la percezione del cittadino comune di un’Amministrazione chiusa, autoreferenziale e “trafficona”, che non risponde mai veramente di eventuali crimini o che si tutela a‐priori anche quando potrebbe esserci una sola ipotesi di reato. Questa disaffezione può essere fermata o rallentata solo dando il buon esempio, magari aiutati da una legislazione ed una regolamentazione più seria e incisiva a riguardo. Questo buon esempio appena citato, è importante che parta da già da quelle istituzioni che sono più vicine alla gente: ossia i comuni. Infatti, ancora oggi, nel vissuto dei cittadini, il comune risulta essere l’ente territoriale più vicino alla comunità, quello in cui i cittadini si riconoscono e si identificano maggiormente, quello che conoscono meglio e con cui più spesso si relazionano, rivolgendosi per le attività ed i servizi più essenziali. L’agire retto e integerrimo di coloro che operano all’interno delle realtà comunali possono certamente avere un impatto più diretto sulla società e la cittadinanza, mostrando come si possa corrispondere a pieno i dettami dell’accountability, infatti, l’ente locale comunale si rapporta direttamente col proprio territorio e quindi con la cittadinanza. Il suo agire virtuoso potrebbe, in una logica di riverbero, migliorare anche i comportamenti di tutti coloro che si relazionano con esso: dal singolo cittadino, utente dei servizi; alle società, aziende o professionisti che collaborano esternamente con l’ente; alle associazioni che operano sul territorio comunale; fino al fondamentale operato nelle scuole e, quindi, più in generale, nell’educazione delle giovani generazioni che potranno meglio attingere ed essere plasmati dalle esperienze positive riscontrate. Chiaramente il rinnovato atteggiamento etico del comune dovrà giocoforza passare dal comportamento del personale e della classe dirigenziale e politica che lo rappresenta nei confronti dei cittadini. In questo senso iniziative di formazione e sensibilizzazione, magari anche aperte alla cittadinanza, possono essere una forma di presa di coscienza del proprio ruolo di professionisti al servizio della cosa pubblica. Allo stesso modo, un buon Piano Triennale di Prevenzione della Corruzione, applicazione a livello locale di ciò che è il Piano Nazionale Anticorruzione, redatto in maniera coscienziosa e non considerato come un mero obbligo normativo, ma pensato e condiviso internamente e poi ben esposto all’esterno ai cittadini, può essere uno modo per veicolare cosa mette in campo l’ente per prevenire episodi di cattiva amministrazione e per comunicare che l’ente applica anche regole per evitare che siano messi in pratica comportamenti e azioni magari leciti ma inopportuni; oltre ad essere uno strumento di confronto vero con la comunità e gli stakeholder.”

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