Gennaio 2009, le forze dell’ordine scoprono ad Arluno una delle più importanti cave dell’hinterland milanese gestite dalla criminalità organizzata. Ricordate? Nel corso dei lavori per la Tav Milano-Torino i clan mafiosi dilaniano il territorio agricolo riempiendo di rifiuti, anche tossici, metri e metri cubi di terreno precedentemente smembrato per ricavare mistone, sabbia e ghiaia utili nei cantieri: trecento mila, si ipotizza. Oggi, a quasi quattro anni di distanza, è Barbara, la figlia di Maurizio Luraghi, noto imprenditore lombardo vittima e carnefice del mondo ‘ndranghetistico, ad attirare l’attenzione dell’opinione pubblica.
Il padre, condannato in primo grado a 4 anni e 6 mesi nel giugno 2010, conosceva bene la larga e profonda voragine di Arluno: un vero e proprio tesoro per la criminalità organizzata, un giro d’affari milionario, oltre che l’occasione allettante e pressoché gratuita per smaltire tonnellate e tonnellate di materiale ‘ingombrante’. Si chiama Barbara Luraghi e da quattro anni nel suo cantiere riceve continue intimidazioni da parte di ignoti: macchinari bruciati, biglietti con scritte minatorie lasciati sul parabrezza dell’auto, insulti gratuiti fuori dall’istituto scolastico frequentato dai suoi due figli di 11 e 6 anni. “Io denuncio e continuerò a farlo, perché so che è importante, vista anche l’esperienza che sta passando mio papà sono invogliata a denunciare”: chiare le parole dell’imprenditrice 34enne di Pogliano Milanese.
I latini dicevano ‘Nomina sunt consequentia rerum’, i nomi sono corrispondenza delle cose, la loro conseguenza. E’ questo il caso di Arluno. Provincia di Milano, 12mila abitanti posizionato fra Nerviano e Sedriano: Arluno è uno dei tanti insospettabili paesi dell’hinterland milanese. Il suo nome deriva dal latino ‘Ara Lunae’, letteralmente ‘altare della luna’. Un altare sacrificale. Perchè è questo che oggi è il Sud Ovest milanese, e il piccolo comune dal suolo ricco di mistone e la voragine di rifiuti illeciti ne è solo un esempio. Cittadini lavoratori, commercianti e impiegati. C’è chi fa il pendolare e ogni mattina prende il treno per recarsi nell’ufficio a Rho, Milano, oppure nella vicina Magenta dove con cambio di binario si può, nel giro di un’oretta, essere a Torino. Maurizio Luraghi dice che tutta Milano scaricava nella cava di Arluno, anche in pieno giorno, indisturbati dalle istituzioni del territorio e dagli amministratori comunali.
Barbara porta sulle spalle un cognome ingombrante. Da quando la magistratura ha giudicato colpevole il padre, è lei a gestire l’azienda di famiglia Lavori Stradali Srl. La Guardia di Finanza del nucleo investigativo di Pavia descrive Maurizio Luraghi come il classico imprenditore a disposizione della mafia, “Ma a differenza degli altri affiliati, lui è uomo del Nord, un uomo che parla: non ha la forma mentis tipica dell’omertoso meridionale appartenente ad associazione criminosa”. La Procura l’ha riconosciuta come vittima di estorsione, il Comitato Nazionale Antiracket ha quantificato il danno a oltre 1 milione di euro, la Prefettura di Milano ha disposto che lo Stato le risarcisca la somma di denaro perduta anche a seguito dei continui attentati alla sua attrezzatura edile: ma niente, da Roma i soldi tardano ad arrivare. Uno dei tanti paradossi italiani.