di Nando dalla Chiesa
Funziona così. Prendi in mano la copertina del libro, attratto dalle tonalità rosse e bianche e dalla foto leggendaria: un contadino che sosta rispettoso, coppola in mano, davanti alla lapide che ricorda sul posto i morti di Portella della Ginestra. Sono circa 250 pagine, pubblicate da Di Girolamo, editore trapanese che sa fare impresa culturale. Poi leggi bene il titolo: “La memoria e il Progetto”. Ma non è un titolo vero, nessuno lo userebbe mai come titolo vero. Ne capisci il senso solo andando alla riga sotto, dove campeggia in corpo minore: “Dal Centro Impastato al No Mafia Memorial”. Ecco, ora è chiaro. È un libro che racconta una storia. Il cui punto d’inizio e il cui punto d’arrivo ti portano diritto a due persone: un lui, Umberto Santino, e una lei, Anna Puglisi. E infatti sono loro gli autori del volume, anche se il tutto è stato confezionato a cura di Sylwia Proniewicz, apparentemente la più improbabile per raccontare questa storia. Non è laureata in antimafia e nemmeno in storia della Sicilia, ma dottorata in Storia della Chiesa presso la Pontificia Università Gregoriana. Ma il gioco delle domande e delle risposte è impeccabile. Asciutto, completo.
Dovessi usare sbrigativamente il linguaggio maschilista direi che è il libro-narrazione dei “coniugi Santino”, ovvero della coppia di marito e moglie che con maggiore continuità e senza piegarsi a nulla e a nessuno ha raccontato e si è battuta contro il potere e la cultura mafiosi. Ma è un torto che non si può fare a nessuno dei due. Uniti a vita dal loro impegno, sono portatori di sensibilità e biografie specifiche che li hanno spinti a scrivere di cose assai diverse. Anna cose bellissime e d’avanguardia su mafia e donne, Umberto trattati preziosi sulla storia della mafia e dell’antimafia, invenzioni feconde, più trattatelli giocosi o inchieste e ricerche come quella sulla violenza o sull’impresa mafiosa. Il libro ripercorre di fatto più di quarant’anni di vita di questa coppia eccezionale attraverso gli scritti di Umberto e di Anna, le loro continue creazioni intellettuali (ad esempio il concetto di “borghesia mafiosa”), editoriali, organizzative (dal Centro Impastato al No Mafia Memorial, appunto). Corredato da piccole foto delle copertine degli innumerevoli libri partoriti dal Centro Impastato, racconta di loro ma racconta anche della mafia, delle sue fasi, delle tragedie immani, e dei problemi non meno immani per chi debba affrontarle dal punto di vista politico e civile, educativo e culturale. Teoria e pratica, fatti e pensiero si inseguono senza tregua, a volte allo stesso ritmo sincopato di certi periodi della storia siciliana, passando dal Sessantotto a Impastato, dalla droga alla lunga stagione delle stragi, dal riscatto palermitano e dalla rimonta dello Stato ai misteri e alle lentezze di politica e giustizia, o anche alle nuove dinamiche internazionali.
Si può dire che il libro costituisca una straordinaria antologia di vita pubblica e culturale, che si para solennemente davanti alle tante ignoranze e approssimazioni con cui la materia mafia viene affrontata. E tuttavia non si pensi che in queste pagine si respiri solo il passato. Leggete come i due autori chiudono la loro prefazione, non per nulla intitolata “1977-2020”: “Sappiamo che le vecchie certezze sono state archiviate, ma per pensare e progettare alternative credibili e praticabili, l’analisi e la conoscenza rimangono la condizione imprescindibile. Su questo terreno si misura la nostra capacità di costruire futuro”. Ecco, l’analisi e la conoscenza. Si può affermare tranquillamente che La memoria e il progetto ne sia un presidio fondamentale. E sia uno stimolo impagabile a cercare di accumularne ancora. Senza sosta, come gli autori.