di Nando dalla Chiesa
Proviamo a sintetizzare la notizia. Il 18 febbraio del 2008 Pasquale Condello, boss eccellente di Reggio Calabria e perciò soprannominato ‘il Supremo’, viene arrestato dai carabinieri dei Ros. Era latitante da vent’anni e lo prendono sfondando la porta dell’appartamento in cui era rifugiato. Operazione complessa e difficile, per la quale lo Stato dovrebbe dire grazie agli autori e semmai pensare a una benemerenza. Invece lo Stato riceve dal complice di Condello una richiesta di danni per la porta sfondata. E invece di decidere in un nanosecondo di denunciarlo per lite temeraria, come si dice in gergo tecnico, gira la richiesta del risarcimento agli uomini dei Ros, invitati anche a rendere pubblici in questo contenzioso nomi e domicilii privati. Ovvero: come indurre a non credere nello Stato le stesse persone che per lo Stato rischiano la vita. E come confermare una volta di più la grandiosità di quell’intuizione di Giovanni Falcone: la vera forza della mafia sta nei cretini, in questa inesauribile riserva di cretini che le viene messa a disposizione dalle istituzioni e dalla società. Magari ci fossero solo i complici.