(24 Agosto)
Il campo di legalità è cominciato. La città di Lecco ha avuto il primo segnale ieri sera, con il discorso di don Luigi Ciotti ai giardinetti di largo Montenero, davanti alla “Tenda della Memoria” e di fronte ai nomi di alcune vittime di mafia. L’installazione di E!STATE LIBERI rimarrà ai giardinetti per tutta la durata del campo lavoro. All’inaugurazione del campo don Ciotti, presidente di Libera – Associazioni, nomi e numeri contro le mafie, ha voluto ricordare tutte le vittime innocenti con un minuto di silenzio e raccoglimento, ed ha invocato la “Pedata di Dio” come benedizione laica per tutti i presenti, perché ognuno possa prendersi le proprie responsabilità e mettersi in gioco.
La serata è proseguita con l’incontro “Ombre nella nebbia: Mafie in Lombardia e anticorpi di legalità democratica”, in una sala Ticozzi piena e attenta nell’ascoltare la parole del presidente di Libera e di quattro sindaci del lecchese che hanno spiegato la gestione dei beni confiscati nei loro comuni: Virginio Brivio di Lecco, Marco Rusconi di Valmadrera, Livio Bonacina di Galbiate e Umberto Bonacina di Costa Masnaga.
Don Ciotti ha spiegato l’importanza di una lotta alla mafia che sia fatta di umiltà, concretezza e continuità, lasciando meno spazio alle parole e più ai fatti e lavorando insieme, facendo rete proprio come l’idea che sta alla base di Libera, composta da più di 1600 associazioni differenti; ad ognuna di queste si chiede di «continuare il proprio percorso, ma assieme unirsi nella ricerca della libertà, dono della vita che ci impegna a liberare chi libero non è».
Secondo la Corte dei Conti, in Italia la corruzione costa 60 miliardi di euro ogni anno ai cittadini e per combattere l’illegalità bisogna attrezzarsi e dare più strumenti agli organi competenti, ma anche vincere la grande sfida culturale per il nostro paese: «Dobbiamo avere fame di cultura! Oggi c’è il peccato del sapere superfluo, di seconda mano: noi dobbiamo ritrovare la profondità del sapere contro il pensiero sbrigativo».
« Tra le malattie mortali della nostra società – ha continuato don Ciotti – ci sono la rassegnazione, la delega e l’indifferenza. Ma la malattia più pericolosa è la mafiosità che ci porta a chiedere favori, a sistemare le cose in un determinato modo. Rita Atria scrisse sull’ultima pagina del suo diario che la prima mafia da combattere è quella che sta dentro di noi, quella che emerge dai nostri linguaggi, dai nostri modi di fare e dallo scoraggiamento», per questo motivo ha esortato i ragazzi che hanno incominciato il campo di legalità e tutti i presenti ad avere il coraggio di prendersi la responsabilità, perché la società ha bisogno del nostro umile contributo, perché «le cose devono cambiare e il cambiamento ha bisogno di noi».
Rispondendo ad una domanda sulle scelte politiche e di governo nella lotta alla criminalità organizzata, don Ciotti ha sottolineato come la forza della mafia stia fuori dalla mafia stessa, nelle compiacenze, nelle alleanze e nelle complicità che trova all’esterno. Rimane indispensabile, però, essere capaci di non generalizzare o semplificare alcuna situazione, cercando sempre la verità senza alcun pregiudizio: «La lotta alla mafia si fa a Roma con le leggi giuste; bisogna dire che la creazione dell’Agenzia Nazionale per i beni confiscati è stata un’introduzione positiva dell’ultimo governo, ma con la stessa chiarezza occorre dire che quella proposta per la giustizia non è una riforma, ma un sequestro della giustizia!». Il problema più grosso riguardante i beni confiscati attualmente è che il 45% di questi non possono essere riutilizzati perché sotto ipoteche bancarie, una situazione che penalizza molti percorsi di rinascita positiva.
Secondo il presidente di Libera «occorre che la selezione della classe politica non venga fatta dalla magistratura, ma dalle stesse forze politiche, per mettere da parte chi ha avuto vicende giudiziarie». Riguardo il nuovo codice antimafia, in parte già approvato e in parte bloccato per essere rivisto in seguito alle osservazioni di associazioni e istituzioni competenti, don Ciotti ha ricordato come il primo codice antimafia in Italia sia la Costituzione Italiana.
Dopo gli interventi degli amministratori comunali che hanno brevemente spiegato in che modo siano stati o saranno destinati ad uso sociale i beni confiscati nei loro territori, don Ciotti ha salutato i presenti con l’augurio di vivere e non lasciarsi vivere.
I 10 volontari, che hanno trascorso la notte nella sede scout Agesci di Lecco, da domani cominceranno le attività di conoscenza del territorio lecchese e di lavoro manuale in tre differenti località.
(foto di Simone Bassanelli)