Ebbene sì. Secondo Repubblica Napoli, sabato 24 ottobre 2015, sottolineo: 2015, all’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli si sarebbe laureato il primo studente italiano (?!) in “antimafia”. Davvero? Quando ho letto la sorprendente notizia mi sono chiesta: e allora a Milano cosa si fa da sei anni a questa parte?!
Un paio di considerazioni. Innanzitutto congratulazioni al collega. Sincere, proprio perché so e sappiamo quanta fatica richieda una simile attività di studio. Dall’anno accademico 2008-2009, ossia da quando il professore Nando dalla Chiesa ha introdotto il corso di Sociologia della Criminalità Organizzata presso la facoltà di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Milano, si sono moltiplicate a centinaia le tesi di laurea sul fenomeno mafioso e sul movimento antimafia (senza virgolette… sarebbe come mettere tra virgolette “tesi di laurea”: è un’espressione strana? forse insolita? da maneggiare con prudenza? bah…). Io mi ci sono già laureata due volte in “antimafia”: che prodigio. Ho anche degli amici, che negli ultimi due anni, hanno affrontato lo studio del fenomeno mafioso con gli strumenti del diritto penale e processuale, parlando (pensate!) di legislazione e collaboratori di giustizia!! Come il collega che Repubblica presenta come “il primo”. Qui e qui e qui, almeno, trovate testimonianza di ciò che dico, documentazione raccolta negli anni.
Il problema, sia chiaro, non è lo studente laureato. Figuriamoci, che bello ci sia un altro futuro professionista disposto a studiare, ad attrezzarsi. Il problema, semmai, è ancora una volta la stampa: che non si informa (paradosso) prima di scrivere, che non controlla, che non verifica, che non si pone domande, che non è curiosa, che distorce la verità usando male le parole (ah, le lezioni americane di Calvino…) che – insomma – non fa il suo dovere. “Carte mute, carte false”, scriveva dalla Chiesa nel 1987: “il pubblico non sa, non avverte (e non immagina) quante cose gli vengano taciute”. Forse è ora di cambiare l’andazzo.