Il nome dato all’inchiesta era stato profetico: “ La Svolta ”. Ieri, dopo svariati procedimenti finiti nel nulla o con miti condanne per la sola associazione per delinquere, il Tribunale di Imperia ha scritto una pagina di storia giudiziaria per la Liguria, condannando quasi tutti gli imputati, molti dei quali per 416 bis (l’associazione di tipo mafioso).
E’ stata accertata la presenza di due locali di ‘ndrangheta nel ponente ligure, radicati rispettivamente a Ventimiglia (dove risiede il boss Peppe Marcianò, per lui 16 anni) e Bordighera (feudo dei fratelli Pellegrino, per Maurizio 16 anni, per Giovanni e Roberto 10 e 6 mesi, assolto Michele).
Alle tredici passate da qualche minuto, dopo una camera di consiglio piuttosto breve, il collegio è tornato in aula per leggere il dispositivo della sentenza. All’inizio, in pochi capiscono quello che sta accadendo: il Presidente Luppi dichiara colpevoli molti imputati per il reato di cui al capo A): è l’agognato 416 bis. Poi, arrivano le pene “E pertanto condanna: Marcianò Giuseppe alla pena di anni 16 di reclusione…”. Primo boato in aula. Il giudice prosegue, ed è una mazzata. Quando arrivano i 16 anni per Maurizio Pellegrino, la moglie scoppia in un pianto isterico “Ma come si fa a stare calmi! 16 anni!” Improperi, bestemmie, deve essere portata via a forza. Il giudice prosegue inesorabile nell’elenco interminabile dei colpevoli. Ci sono tanti volti noti: il figlio e il nipote di Marcianò, entrambi di nome Vincenzo; Giuseppe Gallotta e Antonio Palamara, 14 anni per loro; 7 anni spettano invece a Giuseppe Cosentino, Antonio Barillaro, Ettore Castellana, Nunzio Roldi, Salvatore Trinchera. E via così. Si salvano invece i due colletti bianchi dell’indagine, Gaetano Scullino, l’ex sindaco di Ventimiglia, e il city manager Marco Prestileo, accusati di abuso d’ufficio aggravato e concorso esterno, ma prosciolti da entrambi i capi d’imputazione.
Come se non bastassero gli anni di reclusione, giungono le condanne ai risarcimenti: 600 mila euro al Comune di Ventimiglia, 400 mila a Bordighera, 200 mila alla Regione Liguria. A quel punto i mafiosi non ci stanno: “Non vi basta sbatterci in galera per tutta la vita? Anche sul lastrico ci volete lasciare”. Dopodiché parte la lunga arringa di Vincenzino Marcianò (classe ’77): “Vi dovreste vergognare. Avete creduto a Cretarola, un pentito, che ha ammazzato un ragazzo. Vi ha preso per il culo e ora fa condannare tutti noi a 200 anni”. E’ inarrestabile: “Mio padre è arrivato a 82 anni incensurato, ve ne siete accorti ora che è il capo della ‘ndrangheta? Miserabili, carogne. Venite qua dentro, mi dovete ammazzare, perché vi taglio la testa uno alla volta! Venite a prendermi qua dentro”.
I parenti applaudono. Scoppia un parapiglia generale, dalla gabbia degli imputati si ripetono le accuse “Infami, giudici siete corrotti! Pezzi di merda”. Alcuni tentano di aprire un varco tra le sbarre, e per poco non ci riescono. Se la prendono anche con Scullino, reo di aver preso i loro voti ma esserne uscito pulito.
Non si accorgono che più parlano, più dimostrano la correttezza della valutazione del collegio (oltre a peggiorare la propria posizione). Il giudice, che a lungo evita di prendere provvedimenti, per non infiammare ulteriormente gli animi, alla fine è costretto a ordinare agli agenti di intervenire: alcuni parenti vengono allontanati, gli ‘ndranghetisti (ora si può dire) vengono placati con fatica.
Nella baraonda generale il dott. Luppi termina la lettura della sentenza, con le confische per i condannati. Dopodiché il collegio si ritira. Piano piano torna la calma. La ‘ndrangheta è stata colpita al cuore. E’ un giorno storico per la Liguria.