Di Mattia Maestri e Gianmarco Crescentini
“La mafia è un problema culturale.” Sono da poco passate le 14.30 di mercoledì 9 ottobre quando prende la parola il professore Giuseppe Teri, responsabile di Libera Formazione scuole. Davanti a lui una platea di studenti del Liceo Virgilio di Milano, che hanno scelto di esserci, per conoscere un tema tanto serio quanto spesso ignorato e sottovalutato come la mafia. “E’ necessario riportare il fenomeno nei programmi di scuola”, afferma Teri, spiegando ai presenti il motivo per cui la conoscenza è un mezzo per combattere le organizzazioni di stampo mafioso. Al suo fianco, come ospite, è presente Nando dalla Chiesa, professore di Sociologia della Criminalità Organizzata presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Milano. Non solo. Tra loro c’è una giovane studentessa di nome Ilaria che fa parte del neonato gruppo “PROGETTO ANTIMAFIA. Partecipare vuol dire essere protagonisti”, nato dalla collaborazione con il professor Teri, che coinvolge altri studenti del Liceo milanese. Il loro obiettivo è quello di promuovere incontri sulla legalità e avvicinare queste tematiche ai propri coetanei.
Gli stereotipi sul fenomeno mafioso
“Non è vero che la mafia non esiste. La mafia c’è e si vede. Non è un potere segreto, non sta nei piani alti della Finanza e non ha niente a che fare con il brigantaggio come ci hanno fatto credere per anni.” Spiega dalla Chiesa con tono deciso. In aula si percepisce grande attenzione e interesse da parte degli studenti. Accompagnati da un silenzio che dimostra a tutti i professori presenti che la mafia è un tema che riguarda tutti, giovani compresi. “La mafia parla di noi tutti i giorni, fa affari nei bar lungo le nostre strade di paese. Ed è la loro grande forza – continua dalla Chiesa – Come possiamo noi contrastarla, se non iniziamo proprio dal sapere che esiste e dal saperla riconoscere grazie alla conoscenza del fenomeno?”
Notevoli anche gli spunti bibliografici citati, dall’inchiesta Franchetti-Sonnino del 1876 al Giorno della Civetta di Leonardo Sciascia. Da Spreco di Danilo Dolci a Le parole sono pietre di Carlo Levi. Senza dimenticare Africo di Corrado Stajano sulla ‘Ndrangheta e il giornalismo in prima linea del catanese Giuseppe Fava de I Siciliani. Se si vuole conoscere e riconoscere il fenomeno mafioso bisogna ripartire proprio da qui: è necessario uno studio serio ed approfondito evitando superficialità e pressappochismo. Infatti il professore spiega come dopo le stragi del 1992 ci sia stata una “rivelazione” da parte dei giovani e degli studenti, che tuttavia ha azzerato tutta la conoscenza e la militanza antimafiosa degli anni passati. Bisogna recuperare la memoria, ricordare i “luoghi della denuncia” che hanno caratterizzato l’antimafia fino agli anni Ottanta: Il Parlamento con le sue Commissioni Antimafia, la polemica politica che ha contraddistinto il movimento contadino e i Fasci Siciliani, la sociologia militante di Danilo Dolci, la narrativa di Sciascia e Levi, il giornalismo di Pantaleone e di Fava.
Lea Garofalo, verso il 19 ottobre
Presenti in aula magna diverse bandiere raffiguranti Lea Garofalo con la scritta “Vedo Sento Parlo”. Proprio in questa sede Ilaria ha ricordato a tutti l’importanza di esserci sabato 19 ottobre, quando si svolgeranno i funerali simbolici di Lea a distanza di quattro anni dall’uccisione avvenuta a Milano. Per l’occasione, presso i giardini di fronte a via Montello che saranno intitolati a lei, saranno organizzate delle attività tematiche per ricordare la sua figura e la sua scelta di denunciare con fermezza la ’Ndrangheta. “Ricordiamoci che sono stati i giovani del presidio Libera Lea Garofalo a far conoscere alla città di Milano la storia di Lea, rendendole omaggio e ringraziandola per il messaggio di speranza che ci ha donato”, conclude il professor Teri. Un messaggio di speranza che vuole essere anche il fine di questo progetto: solo educando alla legalità i più giovani possiamo sognare un paese libero dalla mafia.