di Giuseppe Muti
Il 19 luglio scorso, come da ‘tradizione’ a Milano, la commemorazione di Paolo Borsellino e delle vittime delle stragi di Capaci e via d’Amelio si è svolta presso l’albero della memoria. Una magnolia, come quella di Palermo anche se un po’ meno aitante, piantata nel 1993 nei giardinetti di via Benedetto Marcello, fra le architetture razionaliste del Liceo Volta e le linee liberty della palazzina Aem. Da allora, ogni 23 maggio e ogni 19 luglio, puntualmente, suonano le sirene della vicina caserma dei pompieri e gli studenti, le associazioni, la cittadinanza e i rappresentanti delle istituzioni si ritrovano nella memoria antimafia.
Ho seguito le relazioni in disparte, in equilibrio sulle radici degli alberi, e quando il presidente del Consiglio comunale, Lamberto Bertolè, ha sottolineato la necessità di interrogarsi su come rendere omaggio alle vittime della violenza mafiosa, ho pensato che dedicare loro una via o una piazza della metropoli avrebbe potuto essere una bella idea, forse meno romantica ma politicamente e culturalmente più incisiva dei giardinetti.
In effetti la magnolia è stata piantata nel 1993 su iniziativa del ‘Coordinamento Insegnanti e Presidi contro la mafia’ ed è stata curata e mantenuta per diversi anni senza il sostegno delle istituzioni cittadine [1]. Nel 2002 il consiglio comunale ha deliberato l’intitolazione dei giardinetti ai due magistrati palermitani, ma è solo nel 2010 che la giunta ha inaugurato ufficialmente la denominazione con una targa e una cerimonia, svoltasi fra roventi polemiche perché immediatamente successiva alla più importante operazione di polizia contro la ‘ndrangheta in Lombardia [2], la cui presenza era negata con ostinazione da quella stessa giunta.
Da questo punto di vista, nonostante la loro natura di giardinetto urbano spartitraffico e la visibile incuria che affligge le siepi, i selciati e la fontana, i Giardini Falcone e Borsellino hanno un valore storico, politico e sociale straordinario: essi sono il luogo della memoria antimafia di Milano! Con indispensabile conferma di Tripadvisor[3]. Dall’altro lato, però, essi stigmatizzano, ogni anniversario di più, il ruolo di secondo piano svolto dalle istituzioni di governo della città nelle pratiche della memoria antimafia, che devono inesorabilmente essere sollecitate e incoraggiate dalla società civile. E, nello specifico, il comune di Milano non sembra avere una politica odonomastica che presti grande attenzione alla questione.
Una recente ricerca studia proprio la toponomastica urbana dedicata alla memoria antimafia e a Milano individua 6 toponimi commemorativi: via Bernardino Verro, largo Enrico Mattei, piazza Giorgio Ambrosoli, largo Carlo Alberto dalla Chiesa, via Vincenzo Russo, via Giuseppe Impastato. In realtà sono solo 5, poiché Vincenzo Russo (1770 – 1799) è stato un eroe e martire della Repubblica Napoletana, ma è impossibile saperlo senza consultare dal vivo la targa della via.
Le cinque strade della memoria sono in posizione esteriore rispetto alla circonvallazione esterna, ad eccezione di Piazza Giorgio Ambrosoli, intitolata ufficialmente il primo ottobre 1991 nella zona di Porta Vercellina[4]. Via Bernardino Verro è denominata prima degli anni Trenta e si trova a sud, nel quartiere Vigentino. Largo Enrico Mattei è intitolato fra gli anni Settanta e Ottanta ed è a nord, nel quartiere di Precotto. Largo Carlo Alberto dalla Chiesa è inaugurato il 20 maggio 1991 nel quadrante ovest, all’inizio di via delle Forze Armate. Via Giuseppe Impastato è intitolata il 6 giugno 2006 a sud-est, lungo il deposito della metropolitana.
La denominazione commemorativa delle strade è una pratica politica che reifica la storia, la condivide pubblicamente e la incide nello spazio urbano. La memoria antimafia diventa così parte integrante del territorio e si iscrive nelle narrazioni spaziali della città: le mappe, la posta, le indicazioni stradali, la pubblicità e naturalmente i rapporti sociali. “Ho preso il 7 in largo Mattei”. “Affittasi bilocale vista parco. Via Verro 78”. “Mi lasci pure in largo dalla Chiesa, grazie”. “La bici? Me l’hanno aggiustata in quel negozietto di Piazza Ambrosoli”. “Scrivere a: Campus ATM – Via Giuseppe Impastato, 27”.
L’insieme dei nomi delle strade, integrati nel paesaggio urbano e rappresentati sulle mappe generano la ‘città testo’ che può essere studiata come un registro spaziale di personaggi ed eventi storici. È possibile così determinare l’importanza di una certa memoria sociale per una certa collettività territoriale, attraverso la ricorrenza delle commemorazioni e la loro ‘rilevanza’ geografica e relazionale. Pensiamo alla toponomastica urbana di Giuseppe Garibaldi e alle narrazioni spaziali che ne scaturiscono a Milano: il corso e la porta (che pure aveva un altro nome) dai quali il nome del quartiere, della stazione ferroviaria (internazionale) e delle fermate dei mezzi pubblici (4 autobus, 2 tram, 2 metropolitane, 7 treni metropolitani) e a cascata, parallelamente alle dinamiche urbane, il ‘Progetto Garibaldi’, il ‘Garibaldi District’, il parcheggio, le torri e via discorrendo di citazione, in appuntamento, in pubblicità. “Dove ci vediamo? In Garibaldi!”
Da questo punto di vista la toponomastica urbana milanese dedicata alla memoria antimafia non spicca per iniziativa e vigore, ma qualifica l’attenzione delle istituzioni comunali verso la questione: periferica, sporadica e un po’ casuale. Il Giardino Falcone e Borsellino non è un’area di circolazione e, anche se si cerca di accreditarlo come tale, resta un giardino. Un luogo della memoria straordinario per intensità, ma privo della forza e delle prerogative generate dalla territorializzazione odonomastica. Una pratica in sé è tutt’altro che difficile che necessita però di volontà politica (anche di superare alcuni piccoli disagi) e consenso sociale. Una pratica, inoltre, sempre più diffusa in Italia negli ultimi vent’anni: la Lombardia è la seconda regione per numero di intitolazioni (937) e la provincia di Milano quinta in Italia e prima nelle regioni settentrionali (171), ma il capoluogo si distrae e rischia di sostenere processi di rimozione[5]. “Mi sono sempre domandato perché mai ai due magistrati e alle vittime perite con loro non sia stato intitolato lo spazio antistante al Palazzo di Giustizia, come senso logico e coerenza suggerivano”, si chiede un utente di Tripadvisor lo scorso 23 maggio. Senza ambire a tanto sarebbe almeno interessante conoscere gli orientamenti e i programmi di politica odonomastica degli organi di governo cittadino, anche per poter guardare oltre la retorica della legalità.