Foto di repertorio

di Evelyn Crippa

Venerdì 14 ottobre a Milano, durante una conferenza organizzata dall’associazione “Legalità in movimento”, è stata presentata dopo un lungo lavoro svolto tra il 2020 e il 2021, la video – inchiesta “Trasi munnizza e n’iesci oro. Il fruttuoso ciclo di rifiuti in Lombardia.”

Il 14 ottobre 2018, tredicimila tonnellate di rifiuti illegali bruciarono in un incendio doloso nella discarica di via Chiasserini, a Milano. Nel capannone erano stati accumulati in modo illegale i rifiuti che poi furono dati alle fiamme causando una nube di fumo alta 50 metri. Alcuni giorni prima, durante un’ispezione, la società che gestiva il sito risultava priva delle necessarie autorizzazioni di legge nel trattamento dei rifiuti mentre il suo amministratore aveva chiesto le dimissioni.  Nei giorni seguenti L’ARPA rilevò che le soglie delle diossine sprigionate dalle plastiche carbonizzate erano aumentate a dismisura, causando un enorme danno per l’ambiente e per la salute dei cittadini. 

Lo smaltimento dei rifiuti, soprattutto quelli speciali, è stato sottoposto a una normativa stringente negli ultimi anni, che ha portato a un aumento dei costi. Se nel 2015 servivano circa 80 euro per smaltire una tonnellata di rifiuti, oggi si arriva fino a 240 euro. Per ridurre queste spese diversi imprenditori hanno iniziato ad affidarsi ai circuiti illegali di smaltimento, un settore questo, dove la presenza mafiosa è ben radicata essendo un business estremamente fruttuoso per le organizzazioni criminali, con guadagni sicuri e pene molto basse se confrontate a quelle previste per altri reati. 

Per smaltire quintali di rifiuti il fuoco resta la soluzione più economica, tanto da crearne una filiera dei roghi e inoltre l’incendio torna utile alle organizzazioni criminali anche per altri motivi, tra cui far perdere le tracce dei rifiuti (pericolosi e non) che l’impianto non è autorizzato a ricevere, eliminare l’eccesso di quelli stoccati oltre i limiti autorizzati, ottenere un rimborso dall’assicurazione. Un affare vero e proprio, basti pensare che, il traffico illegale di rifiuti può fruttare al semplice camionista che sta effettuando questa azione illegale anche 1.500 euro al giorno.

La Lombardia non è affatto estranea a questi episodi legati alla presenza dell’ecomafia ed è la prima regione del nord e la settima in Italia per reati accertati. 

Nell’ultimo dossier di Legambiente sugli ecoreati, pubblicato all’inizio di giugno e dedicato alla situazione in Lombardia, si legge: «Nel 2020 in Italia, sono state registrate 34900 notizie di reato (95 al giorno, 4 ogni ora) relative a illeciti penali contro l’ambiente, con un aumento dello 0,6% rispetto al 2019. Ancor più consistente l’aumento delle persone denunciate (+12,9%), delle ordinanze di custodia cautelare (+14,2%), e dei sequestri effettuati (+25,4% rispetto al 2019)».

Sono numerose le inchieste che coinvolgono la Lombardia nel traffico di rifiuti illeciti, tra cui troviamo anche l’operazione “FEUDO”, nata da un collegamento con gli incendi ai depositi di rifiuti come quello di Corteolona, in provincia di Pavia, avvenuto nel 2018. Come protagonista la ‘ndrangheta che entrava nelle aziende di smaltimento Rifiuti del nord, letteralmente “occupandole”, per poi arrivare a farsi cedere le quote. I criminali calabresi cominciavano con l’utilizzare i mezzi e gli uffici di una ditta brianzola, ne usurpavano i beni, arrivando addirittura a fare rifornimento alle loro auto nell’impianto, finendo per comprare la società; è a questo punto che l’imprenditore brianzolo ormai stremato alza le mani: “È come se gli invitati a pranzo in casa mia cominciassero a mangiare la pasta senza aspettarmi. Noi al nord non siamo capaci di fare queste cose”, confessa, nel corso di una riunione con i malviventi; la risposta non si fa attendere: “L’azienda è nostra, metteremo a capo un nome candido come la candeggina”.

A favorire questo fenomeno è stato anche l’aumento della produzione dei rifiuti, la raccolta differenziata è cresciuta in termini di quantità più che di qualità; infatti non è stata supportata dalla creazione di impianti per il riciclo adeguati né da un mercato capace di valorizzare queste materie. I materiali che prendono fuoco o vengono stoccati illegalmente nei capannoni abbandonati non hanno un mercato di sbocco, rappresentando, ad oggi, un onere e non una risorsa.

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