3fbc_aperturaC’è da festeggiare. Lo si deve fare perché il Festival dei beni confiscati vuole valorizzare la conquista di questi luoghi. Un tempo in mano alla mafia, per la terza edizione di fila, questi immobili si aprono alla cittadinanza, mostrando i progetti sociali che nascono al loro interno. Ci sono ciclofficine e spazi di aggregazione per giovani e minori; ci sono centri culturali e negozi dove i più disagiati possono fare la spesa risparmiando. E “nonostante il clima generale non susciti ottimismo, se si riescono a sequestrare i beni c’è da festeggiare”, così parla Nando dalla Chiesa, professore di Sociologia della criminalità organizzata all’Università degli Studi di Milano nonché presidente del comitato antimafia istituito dal Sindaco Pisapia.
Inoltre, secondo David Gentili, Presidente della commissione consiliare antimafia, Milano muovendosi in questa direzione si dimostra all’avanguardia nella lotta alla mafia. È la stessa città dove per contrastare le organizzazioni criminali e la corruzione, l’amministrazione ha firmato un accordo con i paesi limitrofi per favorire i controlli della polizia locale nelle opere di Expo e ha adottato la pratica del whistleblowing, per favorire le denunce dei comportamenti illeciti al suo interno. Ma Milano è anche la città nella quale fino a pochi anni fa – come ricorda l’assessore alle politiche sociali Pierfrancesco Majorino – si pensava fosse irrealizzabile un festival del genere (“inzialmente ci prendevano per matti”). È la stessa città nella quale in tempi non sospetti il Prefetto dichiarava che la mafia lì non era presente. “Questo per noi è stato un indizio su cui indagare”, chiosa Rosy Bindi.
La Presidente della Commissione parlamentare antimafia poi sposa le parole del suo collega Franco Mirabelli, anch’egli seduto al tavolo, secondo cui dopo anni di applicazione della legge sui beni confiscati c’è bisogno di una riforma, a partire dall’agenzia che li gestisce. “L’agenzia dei beni confiscati – continua la Bindi – deve diventare un centro di imprenditorialità. Bisogna affiancare agli amministratori giudiziari dei manager competenti, così che se l’Europa ci fa inserire nel pil i proventi della droga e della prostituzione, noi possiamo rispondere che vogliamo metterci quelli dei beni confiscati”. Per far ciò però servono investimenti, sia monetari che professionali che legislativi. Infatti, la Presidente sostiene anche la necessità di una riforma del codice antimafia: scritto troppo in fretta e con una logica fallimentare. Allo stato attuale non ci si occupa del rilancio dei beni bensì della tutela dei creditori.
Con la coscienza che molto si è fatto e che molto ci sia ancora da fare si chiude l’evento di apertura della terza edizione del Festival dei beni confiscati, ospitato presso il bene di via Momigliano, dove opera Coop Zero5. Non senza prima consegnare simbolicamente le chiavi dei luoghi ai nuovi gestori, sui quali punta Pierfrancesco Majorino al fine che questi possano essere “un punto su cui costruire un tessuto sociale di legalità”.

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