Nessuna novità “ufficiale” nella vicenda di Fino Mornasco, il comune su cui si erano accese le luci della stampa, anche a livello nazionale, in seguito alla possibilità di un suo scioglimento per infiltrazioni mafiose da parte del Prefetto. Nell’ottobre scorso, infatti, erano state pubblicate delle intercettazioni con l’allora Presidente del Consiglio comunale Luca Cairoli che affermava che il “santista” Luciano Nocera avrebbe procurato voti per le elezioni regionali di Gianluca Rinaldin.
Dopo questa vicenda l’ex Assessore al Commercio Cairoli, “vittima di un sistema malavitoso” secondo il sindaco Giuseppe Napoli, ha presentato le sue dimissioni, ed è stato sostituito da Roberto Fornasiero. Ma Cairoli non è stato l’unico a smettere di far parte della Giunta comunale: pochi giorni dopo, infatti, si dimise Laura Barresi, assessore all’urbanistica: «Per me è diventato pesante, a livello umano, sopportare questa situazione» (e sostituita da Katia Arrighi). Oltre ad essi si dimise anche Riccardo Bianchi, componente della commissione quartiere di Socco, cugino proprio di Luca Cairoli.
Gli omicidi nella cintura attorno a Fino Mornasco
Luciano Nocera, colui che avrebbe il potere di dare voti ad un consigliere regionale, è inoltre indagato nell’ambito dell’indagine sull’omicidio di Ernesto Albanese, spacciatore al servizio dei clan, ucciso barbaramente lo scorso giugno. Come ricostruito dai quotidiani, Albanese minacciò su Facebook di fare “i cartelli con Nome e Cognome come quelli dei Morti fino in Calabria». Barbaramente si diceva. Sì, perché egli venne ucciso da trenta coltellate, e lasciato dissanguare nei boschi vicino a Guanzate. Venne seppellito il giorno seguente in un cantiere, mentre altri “compari” ridevano e scherzavano ad una grigliata allestita a pochi metri dal luogo di sepoltura.
Ma quello di Albanese non è l’unico omicidio che coinvolga la ‘ndrangheta nel comasco: e stranamente tutti e cinque i casi sono localizzati nella cintura di comuni vicino proprio a Fino Mornasco.Il primo caso fu quello, nel 2008, di Franco Mancuso, ucciso a colpi di pistola da un killer, mai identificato, giunto in motocicletta al bar “Arcobaleno” di Bulgorello frazione di Cadorago e dove lo “freddò” mentre era seduto ad un tavolino. La sera dell’8 marzo 2008 venne rapito e ucciso Salvatore Deiana, i cui resti sono stati trovati pochi giorni fa in un bosco di Oltrona San Mamette, grazie alle rivelazioni di uno degli assassini, Giuseppe Monti (l’altro omicida è Franco Virgato) e di uno dei personaggi sopracitati: Luciano Nocera. Anche lui come Albanese venne ucciso a coltellate, in un bar a Vertemate, e fu sepolto nudo nel bosco. Oltre a Salvatore, il 20 luglio 2012 sparì il fratello Antonio, del quale però non si hanno più tracce da allora. L’ultimo omicidio prima di quello di Guanzate avvenne il 27 aprile 2009, quando venne ucciso Antonio Tedesco nel maneggio di Salvatore di Noto: Tedesco venne attirato nel maneggio di Bregnano con il pretesto di farlo diventare un “affiliato” del clan. Gli spararono e lo finirono a picconate, per poi seppellirlo a Bernate Ticino. Di questo omicidio si seppe solo quando il boss “pentito” di Giussano, Antonino Belnome lo rivelò agli inquirenti. Motivo dell’omicidio era che Tedesco si era vantato di essere stato con la sorella del boss: gli altri affiliati lo uccisero per evitare che il boss stesso lo facesse per “vendicare l’onore della famiglia”.
L’inchiesta di Klaus Davi
In questo clima si inserisce anche la video inchiesta di Klaus Davi, noto giornalista giunto lo scorso dicembre a Fino Mornasco per analizzare la situazione appena accennata. Da essa è emerso un quadro preoccupante del clima di omertà presente nel piccolo comune comasco: infatti su ben 100 commercianti, solo cinque hanno deciso di esporsi alle telecamere e dichiarare che loro non hanno mai pagato il “pizzo”. Di questi cinque, però, uno si è “ritirato”, chiedendo che le riprese che lo riguardano non venissero pubblicate.
Nella sua inchiesta, oltre a sottolineare l’omertà che si respira a Fino Mornasco, Davi intervista Alessandro Tagliente, presidente della squadra di calcio Cadorago Elio Zampiero e che, anche tramite la moglie, ha in gestione i due bar Bulldog. Secondo l’operazione “Arcobaleno”, Alessandro Tagliente è «da sempre uomo di fiducia di Iaconis e suo socio in affari (e) influiva sulle decisioni delle amministrazioni comunali (…) mettendo (…) a disposizione (…) il proprio tessuto relazionale costituito da uomini politici, pubblici ufficiali, imprenditori».
A proposito dei suoi rapporti con Bartolomeo Iaconis, boss ‘ndranghetista arrestato nell’operazione “I fiori della notte di San Vito” del 1994, afferma che ha «un ottimo rapporto perché è un’ottima persona. Quando comunque ho un amico non sto a chiedergli il certificato penale. […] Quindi non sto facendo niente di male» domandandosi perché dovrebbe smettere di frequentarlo. Sostiene inoltre che non è vero ci sia racket a Cadorago e dintorni e che «siamo in uno Stato di polizia, è un attimo essere pregiudicati (…) quindi non c’è da vergognarsi.» Ammette di aver fatto propaganda per un assessore, sfruttando il fatto di essere un personaggio pubblico e benvoluto. Nel corso dell’intervista si interroga inoltre su cosa sia la mafia: «Mi piacerebbe sapere cos’è la mafia. È una cosa che non so, non conosco, mi piacerebbe sapere cos’è». All’affermazione di Davi che anche Riina e Provenzano si chiedono che cos’è la mafia, Tagliente risponde:«E non sono stupidi. Cos’è la mafia? (…) Forse si stava meglio quando la mafia, quella mafia che era veramente unita e giostrava un attimino tutto» e che ora fanno più disastri i delinquenti singoli. A proposito dell’omicidio di Albanese si chiede «chi ci dice che questi quattro sono mafiosi? […] ci vuole la condanna definitiva prima di dire che sono mafiosi. (…) L’associazione a delinquere è pericolosa, non la mafia che magari vanno a mangiare un po’ di capra» Riguardo proprio ai filmati diffusi dalla Procura, in cui gli ‘ndranghetisti si trovano a mangiare capretto, dice «secondo me è proprio un modo per stare assieme, credo eh, perché ripeto, io non so cos’è.»
Nel frattempo, continuano le indagini del Prefetto Bruno Corda sugli atti del Comune, per valutare se esiste la possibilità di scioglimento. L’opposizione di Fino Mornasco, insieme a quella di Cadorago, ha organizzato per il 7 marzo una conferenza nel quale parlare del radicamento delle organizzazioni mafiose nel territorio comasco. Sarà l’occasione ideale per sviscerare i temi della legalità e della presenza della ‘ndrangheta e analizzare come questi due Comuni possano svolgere un’azione coordinata per affrontare il fenomeno.