di Tea Maistro
A Casorate Primo, paese di circa 8700 abitanti in provincia di Pavia e alle porte di Milano, famiglie ‘ndranghetiste provenienti da Platì risultano ben trapiantate e in grado di muoversi con disinvoltura. Nel mese di gennaio, la Direzione distrettuale antimafia di Milano (pm Gianluca Prisco) ha coordinato un’operazione condotta insieme alla Guardia di Finanza di Pavia che ha portato all’arresto di tredici trafficanti ‘ndranghetisti presenti nel pavese. Si tratta di nomi importanti della ‘Ndrangheta e già conosciuti in Lombardia, soprattutto in relazione alle vicende di criminalità organizzata che hanno visto coinvolta Buccinasco. Le figure principali attorno a cui ruotavano gli affari criminali di Casorate Primo sono quelle di Antonio Barbaro, classe 1969 nato a Platì (RC), e di suo figlio Rocco Barbaro, nato a Locri nel 1992. Secondo quanto emerso dalle indagini, Antonio Barbaro avrebbe svolto il ruolo di “motore e organizzatore, con capacità di prendere in autonomia decisioni operative e di dare ai consociati ordini e disposizioni”. Sarebbe stato lui, con l’aiuto del figlio Rocco, suo principale referente, a mantenere i rapporti con la Calabria; il figlio, inoltre, avrebbe svolto l’attività di recupero crediti. Un altro soggetto chiave nelle vicende criminali di Casorate Primo è Domenico Sergi, uomo di fiducia dei Barbaro al quale venivano demandate le attività di vendita e intermediazione durante i periodi di assenza dei boss dal pavese. Oltre ai Barbaro, anche il cognome dei Sergi è tra i più noti della ‘Ndrangheta.
Nell’Ordinanza di applicazione delle misure cautelari personali, la Giudice per le indagini preliminari Raffaella Mascarino ha sottolineato come gli indagati fossero in grado di muoversi con grande disinvoltura nel territorio pavese e come ciò abbia consentito loro di essere agevolati nel compiere le attività illecite. La principale attività criminale di interesse dei Barbaro era il traffico di stupefacenti. Seppur gli snodi territoriali fondamentali per portare a termine tale attività fossero principalmente in Lombardia, la droga, in particolare cocaina, sarebbe stata rivenduta anche in altre regioni, quali Piemonte, Liguria e Veneto (rispettivamente nelle zone di Volpiano, Busalla e Verona). Ristoranti, locali e grandi posteggi incustoditi sono stati i luoghi prediletti dai criminali per stipulare accordi e concludere affari. Gli incontri, tuttavia, non sono avvenuti soltanto a Casorate Primo ma in diversi paesi attorno a Milano, quali Abbiategrasso, Gaggiano, Vernate. Raggiunti gli accordi tra le parti coinvolte nelle varie transazioni, la droga veniva trasportata verso altre zone, ad esempio a Volpiano (TO), grazie all’utilizzo di auto aventi un doppio fondo che meglio permetteva di nascondere gli stupefacenti. Sempre con l’obiettivo di proteggere i traffici illeciti (e sé stessi), gli indagati avevano cura di viaggiare singolarmente in automobile, di modo da non destare sospetti in caso di controlli delle Forze dell’Ordine.
Dalle indagini effettuate dal gip, inoltre, sono emerse tensioni tra i soggetti coinvolti negli affari illeciti, generalmente dovute a ritardi nei pagamenti. Tali contrasti hanno permesso di evidenziare il ruolo egemone dei Barbaro, in quanto sono risultati soggetti centrali nella risoluzione dei conflitti, grazie anche al possesso di armi da sparo che Rocco Barbaro portava con sé anche nei luoghi pubblici.
Degna di nota è la vicenda che lo stesso Rocco Barbaro raccontò alla moglie riguardo al rapporto con Ferdinando Sanfilippo, coinvolto nel traffico di stupefacenti e in ritardo con i pagamenti di una partita di cocaina. Barbaro racconta di essere entrato in casa di Sanfilippo per riscuotere il credito e di averlo visto con le lacrime agli occhi mentre sua moglie era rannicchiata sul divano molto impaurita. Quell’occasione sprigionò più di altre il potenziale intimidatorio e violento di Barbaro il quale, rivolgendosi al suo debitore, lo minacciò con le seguenti parole: “[…] vedi che ti ammazzo… come ai cani ti ammazzo […]”.
Successivamente anche Antonio Barbaro si rivolse a Sanfilippo in maniera violenta: “[…] ho detto rendetevi conto che se io avrò problemi per questo fatto qua vengo e vi ammazzo, quanti siete 5/6, vengo e vi ammazzo a tutti e 6, […] io questo lo ammazzo […]”
Dal quadro descritto poche righe di sopra emerge un’immagine di Casorate Primo come nuovo quartier generale della ‘Ndrangheta in Lombardia, sul modello di Buccinasco. I cognomi di spicco emersi dalle indagini di Casorate Primo, infatti, sono gli stessi presenti a Buccinasco, che si trova a soli 25 km di distanza.