“Ci tengo a dirvi che, con questo libro, non ho ‘chiuso il cerchio’ come tanti giornalisti hanno scritto; si tratta di un’operazione di marketing. Per diffondere la storia di mio padre, quella vera però”. Un incipit inusuale per la presentazione di un libro su una vittima di mafia, soprattutto se l’autrice è la figlia; ma Maddalena Rostagno è una persona capace di lasciare spiazzato l’uditorio che l’ascolta, per la sincerità graffiante, dolorosa, delle sue parole. E dire che a vederla, piccolina e gracile, trincerata dietro a una scrivania che la mette visibilmente a disagio (“non sono una grande oratrice,anzi; quindi scusatemi se sono emozionata”) non trasmette al primo impatto un’idea di forza, risolutezza. Ma si tratta di un’impressione. Una ravvivata ai corti capelli, e lo sguardo che si fissa sul pubblico parlando a tutti e a nessuno; Maddalena racconta la sua storia. Una storia di dolore. “Avevo quindici anni quando Mauro è stato ucciso. E da allora, per anni, ho evitato di parlarne con chiunque. Il dolore era una mia questione personale, dovevo vedermela da sola”.
Perché essere la figlia di Mauro Rostagno, giornalista torinese assassinato dalla mafia trapanese il 26 settembre 1988, non dev’essere stato facile; il quadro delineato dalle parole di Maddalena è particolare, quello della figlia di un attivista politico di cui non sempre una ragazzina è in grado di capire le scelte. Come quella di fondare una comunità di recupero per tossicodipendenti a Trapani (“il buco del culo del mondo” secondo Maddalena) e di viverci con la famiglia; come quella di dedicarsi al giornalismo e di scoperchiare un vaso di Pandora che troppi a Trapani volevano tenere ben chiuso, raccontando puntualmente la realtà di Cosa Nostra in quell’angolo sperduto di Sicilia.
“A volte volevo una vita più normale, più borghese; un appartamentino, la mia mamma, il mio papà, solo noi. Ma quando mi sono trovata ad averne uno mio, Mauro era sottoterra da otto anni…non vi dico il dolore.” Da quel dolore nasce il suo libro “Il suono di una sola mano”, presentato sabato 1 ottobre a Torino, nell’ambito del Coordinamento regionale di Libera Piemonte, che ha voluto omaggiare l’autrice presentando i giovanissimi membri di un nuovo Presidio scolastico dedicato proprio alla memoria di Mauro Rostagno. Un libro imperniato, oltre che sul racconto dell’esperienza di vita del giornalista torinese, vissuta con gli occhi della figlia, anche sulla ricerca della verità sulla sua morte; una verità troppo spesso infangata da tesi assurde e infamanti (come quella che voleva la madre di Maddalena, Chicca Rostagno, implicata nell’omicidio del compagno per ragioni sentimentali. O quella che vedrebbe coinvolto nel delitto Renato Curcio, grande amico di Mauro, in accordo con Mariano Agate, boss del mazarese), la cui ricerca è ora affidata al procuratore Antonio Ingroia, che ha aperto un processo per fare luce sugli avvenimenti di quel maledetto settembre del’88. Processo che è possibile seguire in tempo reale ogni mercoledì (giorno dedicato alle udienze) su una pagina Facebook creata appositamente da Rino Giacalone, giornalista di Liberainformazione, e che si è potuto allestire grazie anche alle diecimila firme raccolte in tutta Italia, di cui 7000 nella sola città di Trapani, per richiedere la riapertura del caso, segno che il lavoro di Rostagno ha gettato dei semi che nemmeno la paura è stata in grado di estirpare.