di Amedeo Paparoni

A Siracusa non sembra succedere mai niente… o quasi. È una città stretta è lunga e vista dall’alto dà l’impressione di essere sdraiata sul mare, con le sue centoventimila anime che si spostano lentamente per strade sconnesse e disordinate. La scarsa dinamicità della città è da più di un secolo motivo di scherno da parte dei vicini catanesi che, fieri del loro spirito imprenditoriale, non perdono occasione di tirare fuori una vecchia battuta: “Siracusano sei? Un altro della provincia babba!”. I catanesi si sentono sperti, pensano di saperla più lunga degli altri.

In ambito criminale Siracusa non è la provincia babba, ma una provincia babba. Insieme a Messina e Ragusa ha infatti la fama di non essere sotto il controllo di famiglie mafiose autoctone ma di gruppi criminali che agiscono sotto l’influenza delle famiglie catanesi. Qualcuno ha anche pensato di utilizzare questa storia della provincia babba per asserire che a Siracusa la mafia non esiste, ma la cronaca locale ha sempre raccontato una storia diversa. Una serie di eventi verificatisi dall’inizio dell’anno lo ha solo confermato.

Bombe carta e auto in fiamme hanno infatti ricordato alla città che le intimidazioni a scopo di estorsione non sono così infrequenti. Questi reati, attribuiti alla mafia per il metodo, non conoscono festività. Succede quasi tutti gli anni che durante le celebrazioni nella notte di San Silvestro qualche malvivente approfitti del rumore dei fuochi pirotecnici per far brillare una bomba carta. Quest’anno a farne le spese è stato uno studio veterinario a due passi dal parco archeologico della Neapolis. I danni non sono stati ingenti ma il messaggio chiaro.

A meno di una settimana dalla prima bomba carta del 2021 un analogo atto intimidatorio ha danneggiato lo storico bar Viola di Corso Matteotti, punto di snodo di Ortigia, centro storico della città, che sembra essere particolarmente preso di mira. Sempre a Ortigia infatti un’altra bomba carta è stata rinvenuta inesplosa al Foro Vittorio Emanuele II, nei pressi della banchina dove stazionano i pescherecci. Una di queste imbarcazioni era l’obiettivo dell’ordigno. Meno di un mese dopo un’altra bomba carta ha danneggiato uno dei chioschi di piazza Pancali, provocando fortunatamente solo lievi danni, e appena due giorni dopo un’automobile è stata data alle fiamme in via Vittorio Veneto. Nonostante non ci siano prove del fatto che questi episodi siano connessi tra di loro, appare quantomeno improbabile che siano da attribuire a ragazzate o a gesti senza fini intimidatori di balordi.

A conferma del fatto che a Siracusa le famiglie mafiose sono ancora attive, alla provincia viene dedicato un lungo paragrafo nel report annuale redatto dalla Direzione Investigativa Antimafia in cui si parla di “tangibili influenze di cosa nostra catanese nel territorio aretuseo”. Nel centro storico e nella zona sud della città il gruppo criminale dei Bottaro-Attanasio, legato ai Cappello di Catania, risulta particolarmente attivo proprio nelle estorsioni, oltre che nello spaccio degli stupefacenti. Proprio pochi giorni fa, il 17 di aprile, due presunti esponenti dei Bottaro-Attanasio sono stati rinviati a giudizio dal GUP del Tribunale di Catania con l’accusa di estorsione aggravata dal metodo mafioso.

Nella zona nord della città il gruppo egemone risulta essere quello del quartiere Santa Panagia dei Nardo-Aparo-Trigilia, legato alla famiglia Santapaola-Ercolano, due cognomi che ci riportano alla mente l’omicidio del giornalista Giuseppe Fava, un’illustre siracusano, nato per la precisione in provincia di Siracusa, a Palazzolo Acreide, ucciso da quegli esponenti catanesi di Cosa nostra che tanto aveva infastidito con le sue inchieste.

Sempre secondo la DIA gli Aparo-Trigilia sarebbero operativi anche nella parte meridionale della provincia. Dettaglio rilevante visto che anche al di fuori del capoluogo si sono verificati degli attentati. All’inizio di aprile infatti all’interno di un cantiere navale di Portopalo di Capo Passero una barca di venticinque metri è stata distrutta da un rogo, danneggiando una seconda imbarcazione. Anche in questo caso è difficile non pensare a una intimidazione.

A gennaio la vittima di un altro atto intimidatorio è stato il presidente del consiglio comunale di Buccheri e responsabile del sindacato Forestale Uila-Uil, Gianni Garfì, il cui fondo agricolo è stato danneggiato da ignoti. Garfì, pur avendo dichiarato di non avere sospetti, si è premurato di ricordare che tra le battaglie che porta avanti da diverso tempo figura la denuncia di animali incustoditi in fondi agricoli. La circostanza ci ricorda le ostentazioni di potere e le estorsioni dei Tortoriciani, quella “mafia dei pascoli” originaria dei Nebrodi, nel messinese, che vende “protezione” e pretende la cessione a titolo gratuito di terreni da destinare al pascolo dei propri bovini e la cui presenza è stata appurata anche nella provincia di Siracusa.

Un’ulteriore prova della presenza del crimine organizzato nel siracusano emerge dall’indagine “Mazzetta Sicula”, riguardante l’illecita conduzione della discarica del comune di Lentini, secondo cui il gruppo Nardo avrebbe interessi nella gestione dei rifiuti. Tra gli indagati figura un soggetto che, pur non essendo formalmente affiliato, è stato ritenuto vicino al gruppo Nardo in qualità di intermediario tra gli esponenti criminali e il gruppo imprenditoriale.

Una provincia che raramente viene menzionata nelle cronache nazionali è il perfetto luogo per il proliferare dei fenomeni criminali di stampo mafioso, lontani dai riflettori e ben nascosti dal cono d’ombra di arresti più importanti. Siracusa non è altro che una di queste province. Ma poiché la mafia è un fenomeno umano e – come sosteneva Giovanni Falcone – come tutti i fenomeni umani avrà una fine, sarebbe d’ispirazione per tutti vedere l’inizio di questa fine proprio a partire da Siracusa. Magari per la prima volta i siracusani potrebbero essere orgogliosi di essere chiamati “babbi”.

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