11349111_10207156283775105_119953166_nOblio. Oblio. Oblio. E poi un giorno ti ritrovi sui giornali. “Barra: arrestato il boss latitante Luigi Cuccaro. La folla si riversa in strada per difenderlo”: così i titoli dei quotidiani nazionali all’indomani dell’arresto di uno dei tre fratelli Cuccaro, capi indiscussi della camorra a Barra, quartiere di Napoli. Rimane ancora latitante Michele Cuccaro, mentre Angelo è stato arrestato lo scorso anno. La notizia starebbe nel fatto che la gente del quartiere è scesa in strada per cercare di strappare il camorrista dalle grinfie dei carabinieri. La camorra, come qualsiasi organizzazione mafiosa, fa del consenso sociale uno dei suoi maggiori punti di forza. Quando si sente parlare di omertà e di silenzio, ci si sta riferendo proprio a questo “regalo” dei cittadini alle mafie. Ma in queste ore, però, sta passando l’idea che tutto il quartiere di Barra si è schierato dalla parte della spietata camorra. E allora vi assicuro che non è così. Una bella storia reale ve lo dimostrerà.

Immaginatevi dei ragazzi giovani, con una pallina rossa sul naso e tanta voglia di raccontare. In sottofondo una chitarra suonata da un gigante buono. A sprazzi la voce dolce di un ragazzo. In mezzo, la legge dura della strada. La denuncia dell’illegalità. I trampoli. La breakdance. Le poesie. Numeri da circo. Vi presento il Tappeto di Iqbal: una cooperativa sociale anticamorra che si occupa di pedagogia circense, con l’unico obiettivo di consegnare ai ragazzi del quartiere un futuro diverso da quello violento a cui probabilmente sarebbero destinati. Barra è la zona con il maggior numero di minori in tutta Napoli, ma anche quella con uno dei più alti tassi di dispersione scolastica della regione Campania. Mancano i servizi pubblici, i centri di aggregazione. Non esiste il cinema e nemmeno il teatro. E così Giovanni Savino, il presidente della Cooperativa “Il Tappeto di Iqbal” decide di costruire l’arena del riscatto sociale. Nelle strade dove si trovano per terra i bossoli dei proiettili veri delle guerre tra clan, Giovanni con la compagna Monica, il fratello Bruno e l’amico Iacopo, insegnano la bellezza attraverso l’arte. La musica, la recitazione, la danza sono tutti strumenti capaci di emancipare l’essere umano e di renderlo libero. Anche in terra di camorra.

Non è un sogno. E’ coraggio. Impegno quotidiano. Dedizione. Amore per il prossimo. Oggi è una bellissima realtà che opera in uno dei quartieri più violenti d’Italia. E lo fa senza i riflettori di cui godono altre associazioni o altre zone, come Scampia per esempio. Senza l’aiuto dei media riescono comunque da anni a percorrere lo stivale portando le loro storie vere. Sono passati anche da Milano, nel gennaio 2014, e ve lo abbiamo raccontato già allora. E proprio durante la permanenza nel capoluogo lombardo, il luogo dove loro si allenavano, la palestra della scuola Salvemini, è stato reso completamente inutilizzabile. Distrutto da chi ha capito che il Tappeto di Iqbal si contrappone alle loro logiche criminali. Ma anche questo tentativo distruttivo dei camorristi non smorza il sogno delle persone migliori del quartiere. Pochi mesi fa hanno prodotto il primo cd de Il Tappeto di Iqbal: “Figli di un La Minore”, che hanno portato in giro per l’Italia quest’inverno con uno spettacolo omonimo molto emozionante. Questi Figli di un La Minore si chiamano Marco, Pietro, Ciro, Michelangelo, ancora Ciro, Carlo, Antonio e Angela. Quest’ultima, mentre scrivo, è impegnata a Siena insieme a Marco, al Circo Mondo Festival in rappresentanza del nostro paese. Così come tutti i giorni, Giovanni e i suoi ragazzi accolgono duecentoventi bambini al loro campo estivo, e attraverso il circo, la danza e lo sport insegnano valori e ideali forse fino ad ora per loro sconosciuti.

“Ci siamo tutti i giorni io e mio fratello Bruno, a Barra; facciamo fare circo a duecentoventi bambini, e nello stesso tempo il vicepresidente Marco Riccio, con Angela e Carlo, sono a Siena per rappresentare l’Italia al Circo Mondo Festival insieme a tanti altri popoli del mondo che invece vogliono riscatto, che odiano essere identificati come tutto un quartiere”, così il presidente Giovanni Savino esprime la sua rabbia per l’immagine che assume la gente di Barra nei pochi momenti in cui viene citata. Sono straordinari questi ragazzi. Come straordinaria è la loro capacità di comunicare. Se ne è accorta anche Save The Children, una delle più grandi associazioni mondiali in tema di infanzia, che ha deciso di investire su questo territorio e soprattutto su questo gruppo di persone, donatori di sorrisi e speranza.

A raccontarvi questa storia è un ragazzo del nord, rimasto incredulo e commosso un anno fa davanti a tanta bellezza. Accendete i riflettori su questa realtà, e non solo quando fa comodo per riempire le pagine dei giornali. È naturale che se si arresta un boss, i familiari protestino. Ed è anche frequente che parte della popolazione si schieri con lui, perché altrimenti non esisterebbero mafia e camorra. Non è la prima volta che succede, e non sarà l’ultima. Ma se volete parlare di Barra qualche volta all’anno, parlate innanzitutto de Il Tappeto di Iqbal, una cooperativa che lotta ogni giorno contro la dispersione scolastica, che si impegna a portare i ragazzi a scuola, che tiene i giovani lontano dalla strada, luogo del reclutamento criminale. Una cooperativa sociale che unisce il circo all’educazione civile, che fornisce una seconda possibilità a chi si è già bruciato la prima. Un esempio di come poter fare qualcosa per gli altri. Donare senza chiedere nulla in cambio. Semplicemente amare. Sperando che qualcuno si faccia vivo e bussi alla porta. Sperando che l’isolamento finisca. Sperando di uscire dall’oblio.

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