L’importanza avuta dal fenomeno criminale sviluppatosi in Galizia in quella che viene chiamata “catena della cocaina” varia nel tempo. Innanzitutto si definisce il termine “catena” come il sistema di scambi e passaggi a partire dal coltivatore della pianta di coca fino al consumatore di cocaina. Il mutamento di ruolo avvenne a causa di diversi fattori che portarono a una diversificazione o moltiplicazione dei metodi di importazione della sostanza.
Il ruolo dei galiziani.
In un primo periodo che sostanzialmente occupa gli anni Ottanta e la prima metà degli anni Novanta i galiziani erano in una posizione molto forte. Il rapporto privilegiato di associazione con i cartelli colombiani permetteva loro di dividere i profitti al 50%. Il carico viaggiava sulla rotta atlantica che, partendo dall’America Centrale, attraversava l’oceano fino alle coste della Galizia. Qui entravano in gioco i lancheros che con veloci imbarcazioni si assumevano il compito di introdurre il carico nel territorio trattenendone la metà. Una volta giunto, esso veniva riconsegnato agli emissari dei cartelli presenti in Spagna, cui era delegata l’attività di spaccio.
Lo Stato reagisce: operazione Necora.
I motivi che indussero la modifica del metodo appena descritto furono molti e si manifestarono in differenti periodi dai primi anni Novanta fino ai giorni nostri. Il continuo sviluppo tecnologico permise ai governi nazionali di elevare il livello di equipaggiamento, aumentando in questo modo l’efficacia repressiva, attraverso mezzi aerei e navali più sofisticati e adatti al monitoraggio delle coste e dei carichi navali e tramite strumenti più efficaci nell’intercettazione di conversazioni telefoniche e fornendo maggior coordinamento alle forze dell’ordine. Ulteriore fattore di cambiamento fu il progressivo aumento della collaborazione tra le polizie europee, parallelamente al processo di integrazione europea. L’inizio degli anni Novanta segnò anche un cambio di passo nella lotta al narcotraffico da parte dei governanti spagnoli. Inaugurando il nuovo corso con l’operazione “Necora”, avvenuta il 12 giugno 1990 sotto la direzione di un giovane Baltasar Garzón, divenuto in seguito famoso per il mandato di arresto ai danni del dittatore Pinochet e responsabile di moltissime inchieste su politica e corruzione in Spagna. Pur senza confiscare sostanze stupefacenti, le autorità iberiche mandarono un chiaro messaggio a tutti i narcotrafficanti: lo Stato reagiva, era schierato dalla parte della legalità e non garantiva l’impunità.
Giovani, violenti e flessibili.
Negli anni ‘90, l’arresto di tutti i grandi capi storici del narcotraffico (il clan Charlín, Laureano Oubiña e Sito Miñanco) e i cambiamenti avvenuti nelle rotte hanno portato i nuovi gruppi galiziani a mutare la propria struttura. Le grandi organizzazioni hanno lasciato il posto a bande composte da un numero ridotto di elementi, contraddistinte da meno gerarchia e più autonomia interna. La singola persona può ora operare per differenti gruppi mettendo a disposizione le proprie abilità in un determinato settore; ad esempio il possedere e condurre un motoscafo necessario al trasporto del carico. Gli individui che oggi possono essere chiamati “lancheros” sono più anonimi, violenti e giovani rispetto ai capi storici.
La frammentazione in piccole organizzazioni (in questo vi è una similitudine con il caso colombiano) rende più difficile il lavoro della polizia, non in grado di monitorare le attività di tutti gli individui. Il termine che identifica il nuovo ruolo svolto è quello di narcotransportista (in italiano narcotrasportatore), un individuo che vende le sue abilità e le infrastrutture necessarie per introdurre la droga nella terraferma da vettori ubicati in alto mare. La percentuale con la quale questi gruppi di professionisti del crimine vengono pagati è del 20-25% rispetto al valore del carico trasportato. Questi variano dai 300 kg dei più piccoli ad alcune tonnellate, come testimoniato dall’operazione “Albatros” svoltasi nel 2009. Caratterizzata dalla collaborazione tra le forze spagnole del Greco (Grupos de Respuesta Especial para el Crimen Organizado), italiane (Guardia di finanza), portoghesi e inglesi, portò al sequestro di nove tonnellate di cocaina destinate a essere introdotte attraverso le coste galiziane e suddivise in due carichi per un valore complessivo di 720 milioni di euro.
Dal contrabbando al narcotraffico, ricostruzione storica della criminalità galiziana.
Il contrabbando nacque nella regione galiziana in maniera frammentata e differente da paese a paese. Ciò avvenne sia a causa delle pessime condizioni di vita nell’epoca post guerra civile (la quale finì ufficialmente il 1° aprile 1939) sia per sfruttare il contesto di guerra mondiale, attraverso la commercializzazione con i due blocchi di alcuni minerali rari come il wolframio. In questo periodo si diffonde l’immagine del contrabbandiere quale “uomo d’onore” che aiuta la comunità e le classi svantaggiate, senza puntare al mero arricchimento personale se non alla conquista di capitale sociale. Un esempio è quello di Manuel Díaz Gonzalez, contrabbandiere divenuto, in un secondo momento, sindaco di La Guardia, cittadina situata nella provincia di Pontevedra. Dopo aver definito la sua categoria: «…la gente más honrada que existe», l’ex lanchero delinea una serie di episodi a supporto di una visione romantica del contrabbando: la penicillina introdotta dal Portogallo e regalata ai malati poveri; la fornitura gratuita dell’olio per le lampade della chiesa in una epoca in cui era difficile procurarselo; la fede vigorosa in un santo protettore. Prima di dedicarsi ad alcol e tabacco negli anni Sessanta, il contrabbando aveva dunque una dimensione che può essere definita “sociale”.
Il contrabbandiere disponeva di beni che il regime totalitario non forniva alla propria popolazione, acquisendo in questa maniera un forte appoggio popolare in grado di fornirgli le basi per un controllo del territorio da un punto di vista morale. Un esempio dell’importanza raggiunta dalla figura erano le scuole galiziane, dove non era raro sentire bambini che alla domanda: «che cosa vuoi fare da grande?» rispondevano: «il contrabbandiere».
Nei comuni galiziani si crearono “bolle” di Stato sociale parallelo a quello dello Stato autoritario ufficiale, nelle quali una parte dei bisogni materiali della popolazione veniva soddisfatta dai contrabbandieri. Questi diventarono così figure estremamente importanti e popolari nelle singole comunità di appartenenza. Non si è a conoscenza della formazione di società verticistiche che legassero tutte le rispettive realtà locali, alla stregua della cupola e delle commissioni di Cosa nostra. Le differenti personalità svilupparono legami più stretti tra di loro quando, dai generi alimentari e di primaria necessità, si passò al contrabbando di alcol e tabacco.
Il capitale sociale accumulato nel corso degli anni venne sostanzialmente annullato quando alcuni contrabbandieri decisero di inoltrarsi nel terreno del narcotraffico. A partire dagli anni Ottanta la Galizia vide l’introduzione di massicci quantitativi di hashish ed eroina e, successivamente, di cocaina. Gli effetti sulla società furono duri. In questi anni si realizzò il cambiamento finale della figura del contrabbandiere galiziano che passò lentamente da positiva a quella di un dispensatore di morte.
“Madres contra la droga”.
La società civile iniziò parallelamente a muovere i primi passi. Interessante è il caso delle “Madres contra la droga”, un gruppo di madri che dopo aver vissuto direttamente gli effetti dell’eroina, in seguito alla perdita o alla tossicodipendenza di alcuni figli, decisero di prendere in mano la situazione. Oltre a fondare un’associazione di aiuto ai tossicodipendenti nella cittadina di Vigo (Fundación Érguete) e avviare programmi di sensibilizzazione su droghe e Aids, iniziarono un’importante campagna di denuncia di tutti i vecchi lancheros convertitisi al narcotraffico.
Ecco, dunque, che l’appoggio sociale ereditato dai lancheros si trasformò in scredito. Gli omicidi, l’inquinamento dell’economia con capitali illegali a discapito della concorrenza e di un sano sviluppo, accompagnati dalla volontà repressiva dello Stato manifestatasi con la “Operacion Necora”, diedero l’impulso finale alla caduta della figura del contrabbandiere-benefattore, alla quale si sostituì quella del mercante di morte.
Il controllo del territorio segnò dunque una parabola in crescendo fino agli anni del commercio di droghe, dopo i quali si rilevò un brusco declino. La presenza di alcuni vecchi contrabbandieri del dopoguerra nel ruolo di sindaci nei primi anni Ottanta testimonia come l’appoggio sociale raggiunse picchi elevati in determinate zone. Non si manifestò però un controllo capillare paragonabile al sud Italia, nel quale la figura del mafioso era fondamentale nel decidere qualsiasi tipo di attività svolta nel contesto cittadino. Una situazione simile non si verificò in Galizia perché la società civile prese coscienza e lo impedì. Fondamentali furono l’assenza di violenza come mezzo di repressione del dissenso – in quanto non propria della società galiziana – , la reazione massiccia della società civile e la volontà politica ad alto livello di reprimere i narcotrafficanti.
Per riferimenti e approfondimenti: “La criminalità organizzata in Spagna. Il caso dei Lancheros Gallegos” di Stefano Paglia