La sentenza di Cassazione del processo “Infinito”, avvenuta nel giugno di quest’anno, ha sancito definitivamente la presenza della ‘ndrangheta in Lombardia, e Pavia come uno dei centri principali di concentrazione delle attività delle cosche mafiose. Anche per questo motivo quest’anno non poteva mancare la rassegna “Mafie 14. Legalità e istituzioni”, giunta alla decima edizione. La settimana di iniziative sui temi della lotta alla mafia, organizzata anche quest’anno dall’Osservatorio Antimafie di Pavia e dal Coordinamento per il Diritto allo Studio, è come sempre dedicata a Vittorio Grevi, illustre giurista pavese scomparso nel 2010.
Anche per questa edizione, il programma è stato ricco di tematiche, spunti su cui riflettere e ospiti di grande calibro. La rassegna ha preso avvio lunedì 6 ottobre con la serata intitolata “Donne e mafia. Dallo stereotipo della donna nel sistema mafioso all’emancipazione attraverso la ribellione”. La donna, quindi, come tema centrale presentato da Alessandra Cerreti, sostituto Procuratore della Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, moderata da Enzo Ciconte, docente a cui anche quest’anno è stata confermata la cattedra del corso di Storia delle mafie italiane all’Università degli Studi di Pavia. Ricordando il coraggio di Lea Garofalo, e la negligenza di chi non l’ha protetta abbastanza, di Concetta Cacciola e di Giuseppina Pesce, la Cerreti ha sottolineato come le donne abbiano ruoli fondamentali, ma troppo spesso sottovalutati, all’interno delle organizzazioni criminali. Dall’insegnamento della cultura mafiosa ai figli piccoli, a portatrici di “ambasciate”, ovvero comunicazioni, tra i boss latitanti o detenuti e i picciotti liberi, ancora come intestatarie di beni poiché incensurate, immuni alla confisca. Tutti questi sono veri e propri ‘lavori’ che hanno visto negli anni protagoniste le donne di mafia, come stabilito da alcune sentenze (la prima addirittura del 1882).
Martedì 7 ottobre è toccato a Giancarlo Caselli, ex Procuratore della Repubblica di Palermo, parlare di quanto sia difficile processare i poteri forti qualora siano indagati per collusione con poteri criminali. La discussione ha toccato più anni della storia della Repubblica, dal processo Andreotti, ex Dc assolto nel 2003 per i fatti successivi al 1980, ma prescritto per i fatti commessi prima del 1980 (“partecipazione all’associazione per delinquere (Cosa Nostra) concretamente ravvisabile fino alla primavera del 1980), al processo a carico di Marcello Dell’Utri ex braccio destro di Silvio Berlusconi condannato in Cassazione per concorso esterno in associazione mafiosa.
Nella serata di mercoledì 8 ottobre, invece, il tema centrale è stato il malgoverno delle città. Chiave di volta del dibattito portato avanti da Giuseppe Baldassarro, giornalista del Quotidiano della Calabria, Giuseppe Lumia, membro del Ros di Milano e Andrea Galli, cronista del Corriere della Sera, è stato il cosiddetto “modello Reggio”. Reggio Calabria è infatti un comune, come recita il sottotitolo della serata, di “spese pazze, grandi eventi e scioglimento per mafia”.
Nella serata conclusiva di giovedì 9 ottobre protagonista è stato Ivan Vadori, regista del film “La voce di Impastato”, docufilm di lancio del film di Pif al Festival di Londra. Vadori ha così potuto dibattere e confrontarsi con il pubblico presente in ricordo del giornalista ucciso dalla mafia.
Anche quest’anno la partecipazione del pubblico pavese è stata notevole. Anzi, ogni anno la presenza alle serate sembra crescere, segno che fra i cittadini, soprattutto fra i più giovani – forse – si vanno rafforzando l’interesse e la voglia di mobilitarsi a favore della legalità. E ora non ci resta che aspettare l’anno prossimo, per l’edizione numero undici della rassegna “Mafie. Legalità e istituzioni”.