Giovedì 25 agosto 2011, Lecco
Far conoscere il territorio in cui si sta svolgendo il campo lavoro, questo è stato il primo obiettivo scelto dai responsabili di Legambiente e Libera per i volontari: quale modo migliore di una “Pedalata della legalità” per le vie di Lecco, scoprendo alcuni dei luoghi legati ad episodi e presenza di organizzazioni mafiose? Guidati da Giampiero Tentori, rappresentante di Legambiente Lecco e assessore al comune di Valmadrera, i ragazzi e le ragazze hanno scoperto la ex-pizzeria “Wall Street”, che diede il nome all’importante operazione condotta dal Pm Armando Spataro negli anni ’90 e la ex-pizzeria “Giglio”, nella quale nei prossimi giorni i volontari avranno il compito di sgomberare la polvere e le ragnatele in vista dei lavori progettati dal comune.
La biciclettata è proseguita alternando descrizioni di luoghi manzoniani, che in queste vie ha ambientato “I promessi sposi” all’osservazioni di edifici come l’appartamento in via Lucia 29 dell’impresa “Ecologica Calolziese Snc”, la prefettura, la questura e l’ex-tribunale di Lecco. Una descrizione dettagliata dei luoghi collegati alla presenza ‘ndranghetista nella città è visibile nella piantina realizzata dall’associazione “Qui Lecco libera” dal titolo “La mafia a Lecco esiste. Viaggio nei luoghi simbolo della ‘ndrangheta lecchese”.
Prima di concludere i 17 chilometri di pedalata alla comunità “La casa sul pozzo”, Giampietro Testori ha raccontato come quest’anno a Valmadrera la giunta comunale abbia bloccato la concessione di un punto ristoro in riva al lago ad una società in cui 2 soci su 3 avevano precedenti giudiziari e sulla cui certificazione antimafia la prefettura non era stata totalmente rassicurante, a causa di rapporti di conoscenza con alcuni soggetti mafiosi.
Nel pomeriggio i volontari hanno incontrato Davide Pati, responsabile nazionale di Libera sui progetti dei beni confiscati, che ha poi partecipato anche al dibattito serale “Ridateci il maltolto!”, nel quale sono stati descritti alcuni esempi di percorsi di gestione dei beni confiscati alle mafie.
Dopo la visione di un filmato realizzato dalla cooperativa siciliana “Placido Rizzotto”, Roberto Iovino ha spiegato come la continuità dell’impegno sui beni confiscati sia funzionale all’idea di sviluppo, alla possibilità di avere un lavoro e alla valorizzazione dei prodotti del territorio: «l’antimafia non è legata solamente all’eroismo, ma si realizza anche attraverso percorsi collettivi di lavoro e dignità, attraverso la creazione di modelli di sviluppo legale. Il sostegno portato a queste cooperative dai volontari sin dal 2001 è stato e rimane fondamentale in quella ricerca di lavoro e normalità che sta portando a risultati straordinari».
Beppe Colella, operatore delle cooperativa sociale “L’arcobaleno” di Lecco, ha raccontato la storia del centro diurno integrato per anziani, “Le Querce di Mamre”, realizzato tra il 2000 e il 2004 a Galbiate in un immobile confiscato a Franco Coco Trovato: «Inizialmente abbiamo vissuto la “novità” di gestire un bene confiscato ai mafiosi, poi piano piano l’attenzione nei nostri confronti ricevuta dall’esterno è diventata per noi motivo di orgoglio. Oggi esiste una consapevolezza diversa, coltiviamo legalità creando i presupposti di cui ha parlato don Luigi Ciotti: dando lavoro, sostenendo le famiglie, assistendo gli anziani».
Rosanna Picoco di Libera ha mostrato un altro esempio di gestione di un bene confiscato, questa volta con una finalità diretta verso i più giovani. A Milano, in via Jean Jaures 7/9 nel 2009 è nata la Fai Factory, un luogo di aggregazione giovanile che propone attività come una sala di registrazione e una web radio, gestito quasi esclusivamente da volontari universitari: «In questi locali in cui c’era un night club, ora grazie all’associazione “Archè” e al Comune di Milano si è creato uno spazio gratuito, accogliente e i sicuro per adolescenti e preadolescenti del quartiere, che qui imparano a gestirlo, creano un senso di appartenenza e di responsabilità comune».
(foto di Agostino Cullati)