
di Ilaria Franchina
Si dice spesso che non sia importante la meta, ma il viaggio. In questo caso non è così: se si vogliono studiare e capire i traffici per mare di qualsiasi essere umano o cosa, bisogna partire dal conoscere i luoghi di partenza e di arrivo, poiché sono questi a spiegarne il senso. Si possono comprendere in termini di Sud e Nord globali, di società, di domanda e offerta, di potere e sudditanza obbligata, di corrotti e corruttori. Anche il viaggio ha un valore, ma senza punto di arrivo e punto di partenza, questo non si darebbe. Gli autori di tali crimini sono capaci di sfruttare a loro vantaggio un luogo che a volte i più non considerano: il mare, spesso, è solo ciò che terra non è. Mentre per i criminali senza scrupoli è merce preziosa: è prateria fertile per facili guadagni.
Il volume Per mare racconta come e perché avvengono questi traffici. Lo fa attraverso un racconto collettaneo che sembra spiegare, attraverso la lente dei commerci illegali, soprattutto i rapporti di potere tra Nord e Sud globali del mondo.
Il racconto parte dal Mediterraneo, mare che ha visto, verso la fine degli anni Settanta, la nascita del fenomeno delle “navi dei veleni”: rifiuti tossici che industrie italiane hanno esportato tramite terzi in paesi poveri e corrotti, sapendo che questi non avevano mezzi né infrastrutture idonei a smaltirli. Mentre aumentava la produzione industriale, le aziende “ammortizzavano” i costi di smaltimento dei rifiuti affidandosi alle reti criminali. Andrea Carnì, assegnista di ricerca post-doc presso l’Università degli studi di Torino e docente presso l’Università degli Studi di Milano, ripercorre questa storia tutta italiana che coinvolse, tra le altre, le società di esportazione che poterono muoversi senza che le Istituzioni, pur consapevoli, intervenissero. L’autore, curatore del volume assieme ad Andrea Pappalardo, ricostruisce lo svolgimento dei traffici: tramite broker o attività intermedie, i rifiuti pericolosi venivano declassificati e trasportati nei paesi destinatari che ne pagavano il danno ecologico. È così che il costo dello smaltimento dei rifiuti tossici si alleggeriva, grazie alla vulnerabilità di paesi economicamente fragili o consumati da guerre civili. In paesi come Guinea, Libano o Venezuela, smaltire rifiuti a metà anni Ottanta richiedeva un costo fino all’800% in meno rispetto alle procedure legali. Abbiamo inoltre prova che, almeno nel Mediterraneo, vi fosse un’altra via per sottrarsi al costo di smaltimento dei rifiuti pericolosi, quella delle “navi a perdere”. Si tratta di navi che venivano fatte affondare assieme al loro carico, come nel caso della nave Cunski, cui destino sarebbe stato riposare per sempre nelle acque del Mar Tirreno, assieme ai rifiuti tossici e radioattivi che trasportava, come testimoniato dal collaboratore di giustizia della‘ndrangheta Francesco Fonti.

Il Mar Mediterraneo è anche protagonista nei traffici di droga. Lo racconta in questo volume Marco Antonelli, assegnista di ricerca post-doc alla Scuola Normale Superiore di Pisa ed esperto di criminalità organizzata e corruzione. In questo caso è la cocaina a farla da padrona, per il trasporto della quale le organizzazioni criminali, ‘ndrangheta in primis, prediligono le vie marittime. Gioia Tauro diviene << hub marittimo di smaltimento >>, funzionale per alimentare la cosiddetta “rotta balcanica” gestita da reti criminali albanesi e serbo-montenegrine. Un sistema rodato e parassita: spesso la scelta di sfruttare le reti del commercio legale, creando interstizi abusivi nei container, nelle intercapedini delle navi oppure corrompendo il personale di bordo, permette vantaggi economici alla criminalità organizzata che non deve investire in mezzi propri. Cruciale, in questo ambito, è la vulnerabilità del sistema di gestione dei traffici che trasforma i buchi del sistema di controllo in feritoie per i traffici illegali.
Spesso siamo abituati a immaginare le organizzazioni criminali mafiose come prevalentemente dedite al commercio di sostanze stupefacenti. Ma non ci sono beni illegali trasportabili che non attirino l’attenzione delle loro bramosie criminali. Ogni cosa, infatti, può essere trasportata illegalmente, ogni forma di vita può diventare vittima della criminalità organizzata. Così felini, uccelli, rettili e persino cetrioli di mare, sono oggetto dei traffici illegali via mare. Ne scrive Antonio Pergolizzi, analista ambientale e giornalista, denunciando che, come sostiene l’ Intergovernmental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services (IPBES), il commercio illegale sia la principale causa di perdita di biodiversità nel mondo. Queste sono solo alcune delle rotte e delle storie criminali percorse nel volume anche attraverso i contributi di Vittorio Alessandro, Pierandrea Leucci e Federica Rossi.
Se nei tempi antichi la navigazione era possibile grazie alla luce delle stelle che guidava i marinai, oggi le rotte illegali sono guidate dagli interessi criminali. Rotte tracciate alla luce del sole mentre gran parte di noi, per ignoranza o indifferenza, ne rimane all’oscuro.
Per approfondire:
- Per mare, edito da Castelvecchi (2024), è il volume scritto a più mani e curato da Andrea Carnì e Andrea Pappalardo. I contributi sono di Vittorio Alessandro, Marco Antonelli, Antonio Pergolizzi, Pierandrea Leucci, Federica Rossi.
- È disponibile un podcast a cura degli autori : https://open.spotify.com/show/7AVgo7Od4F1jan4bNP5hKV?si=37ab508ee4af4a34