di Mattia Maestri
Corsico. 4 febbraio 2021. Una pioggerellina sottile bagna più di un centinaio di persone appostate sul sagrato della chiesa, subito dopo la funzione religiosa in ricordo di Pietro Sanua, commerciante e sindacalista, ucciso all’alba di ventisei anni fa, mentre si recava al mercato per svolgere semplicemente il suo mestiere.
In mezzo alla luce riflessa dalle fiaccole accese si alternano le parole di donne e uomini delle Istituzioni locali e regionali e dell’associazionismo antimafia, da Libera ad Avviso Pubblico, del giornalismo, dell’Università, dell’impresa e delle forze dell’ordine.
Memoria e impegno. Coraggio delle proprie azioni. Consapevolezza e reazione. Sono questi i punti cardine del discorso commovente di Lorenzo Sanua, figlio di Pietro, da tanti anni impegnato nella ricerca della verità sull’omicidio di suo padre. “Perché, ancora oggi – afferma – c’è ancora tanta paura di dire certe cose; c’è ancora tanta paura, in alcune situazioni, di denunciare”.
Per un attimo sembra di tornare a quella mattina di ventisei anni fa. E ai mesi successivi all’omicidio. Alle indagini. Ai volti. Ai protagonisti di questa torbida vicenda, ancora senza colpevoli, morali e materiali. Siamo nella Milano degli anni Novanta, quella di Tangentopoli e di Duomo Connection, quella della corruzione dilagante negli uffici aziendali e amministrativi, e quella dell’espansione silente e feroce della criminalità organizzata di stampo mafioso, della ‘ndrangheta soprattutto.
E il reticolo di relazioni che emerge dalla vicenda che ha portato all’uccisione del sindacalista Pietro Sanua si colloca esattamente nella cornice del mondo del commercio milanese: dal redditizio mercato ortofrutticolo ai posteggi dei fiori durante le festività, fino alla gestione dei mercati di Corsico e Buccinasco.
Ma Pietro Sanua era un’altra cosa. Uomo semplice di sani valori e principi. Onesto e integerrimo nell’esercizio delle sue funzioni. Puro, genuino, passionale. Una voce libera, troppo scomoda per la zona sud-ovest dell’hinterland di Milano, che dagli anni Settanta si è lasciata inghiottire da uomini con cognomi importanti nel panorama criminale calabrese.
È per questo che ogni anno, il 4 febbraio, si accendono le lanterne a Corsico. Per ricordare un uomo per bene. Ma anche per ricordarci che solo con le nostre azioni pulite di tutti i giorni possiamo realmente arginare la mafia. Perché le nostre città non potranno mai essere le città dei Morabito, dei Barbaro e dei Papalia.
Perché lo dobbiamo a Pietro. Commerciante. Sindacalista.