pizza

Presentazione

I Valle sono una famiglia malavitosa proveniente da Reggio Calabria, originaria del quartiere di Archi. Nei primi anni ‘80, per sfuggire alla faida contro i Geria-Rodà, si trasferiscono a Vigevano (Pavia), dove riproducono i loro metodi mafiosi. Il lungimirante Vice questore di Pubblica Sicurezza Giorgio Pedone, scomparso prematuramente in seguito ad un misterioso suicidio avvenuto il 14 agosto 1991, descrive il ‘capo famiglia’ Francesco Valle già nel dicembre del 1973  come “un pregiudicato per lesioni personali aggravate”. Tra gli anni ’70 e ’90, a Vigevano, Cosa nostra e ‘ndrangheta si spartiscono gli affari: la famiglia siciliana dei Guzzardi, vicina a Luciano Liggio, gestisce il commercio dell’eroina mentre i Valle si occupano di estorsioni e prestito ad usura. Negli anni ’80 Vigevano è stata teatro di molti omicidi e numerose intimidazioni. Dopo il ‘caso’ Pedone, a Vigevano si è contraddistinta la figura di Maria Grazia Trotti, gioielliera vittima dell’usura mafiosa, la quale nel 1992 permette l’arresto di alcuni esponenti del clan Valle in seguito ad un rapporto di collaborazione. Grazie ad un risveglio della società civile, alla repressione attuata dalla magistratura e dalle forze dell’ordine, i Valle si trasferiscono nella provincia di Milano tra Cisliano e Bareggio. Come tipico delle famiglie ‘ndranghetiste si rigenerano e stipulano nuove alleanze. A Cisliano era presente il loro nuovo ‘fortino’: la ‘Masseria’, una pizzeria realizzata come copertura per praticare le attività di estorsione, riciclaggio (video poker) ed usura. L’1 luglio 2010 molti esponenti della cosca dei Valle-Lampada vengono arrestati con pesanti imputazioni. Due anni più tardi, le condanne nei loro confronti superano il secolo di reclusione.

Intervista a Simone Satta

Emerge dalle pagine del libro ‘Pizza, Sangue e Videopoker’ che Giorgio Pedone e Maria Grazia Trotti hanno avuto un ruolo attivo nel contrasto della criminalità organizzata presente a Vigevano. Quali sono gli aspetti più importanti che hanno caratterizzano queste due persone?

Il vicequestore Giorgio Pedone seguiva i movimenti della criminalità organizzata a Vigevano. Indagava e scriveva rapporti dettagliati e veritieri, come testimoniano le condanne 2012, sui Valle ma anche sulle altre famiglie di mafiosi presenti in città. Pedone e i suoi uomini, quelli di cui si fidava, facevano appostamenti notturni sotto le case dei malavitosi, effettuavano controlli patrimoniali agli stessi criminali. Il vicequestore inviava i rapporti dei risultati delle sue indagini alla Questura di Pavia, chiedeva il perseguimento dei malavitosi con l’accusa di 416 bis (associazione a delinquere di stampo mafioso). Tuttavia le sue informative erano rispedite al mittente. Tutto questo avveniva negli anni Ottanta, i rapporti sono del 1984, trent’anni più tardi il clan Valle viene condannato (luglio 2012) proprio per il 416 bis. Non è un caso se il pm Ilda Bocassini, che si è occupata in questi anni della cosca Valle-Lampada, parlando di Pedone ad un incontro a Pavia abbia detto: « (…) un attento poliziotto del commissariato di Vigevano che in un rapporto di polizia del 1983 dava l’idea di aver già compreso tutto». Maria Grazia Trotti è stata la prima vittima del clan Valle a rompere il muro d’omertà e a permettere così l’arresto, il processo e la prima condanna (per usura ed estorsione negli anni Novanta) del clan. È stata vittima del sistema di usura ed estorsione dei Valle, negli anni Ottanta e Novanta, subendo minacce e umiliazioni. Decise allora di denunciare i malavitosi, non riuscendo più a sopportare la situazione, trovando il sostegno delle forze dell’ordine. È grazie a lei che a Vigevano si è interrotto il sistema-Valle. Per questi ed altri motivi il libro è dedicato a loro.

Che ruolo ha avuto e come si è attivata la società civile in contrasto ai soprusi attuati dalle organizzazioni mafiose presenti a Vigevano?

A Vigevano l’omertà la faceva da padrone, molti sapevano e nessuno parlava. Dopo che Maria Grazia Trotti ha denunciato i Valle sono seguite altre dichiarazioni delle vittime di usura che prima tuttavia tacevano e subivano. I giornali locali parlavano di sparatorie, incendi dolosi e altro riconducibile alla malavita mafiosa in città, almeno per deduzione, però soltanto sotto forma di cronaca. Roba che da un giorno all’altro te la scordi. Inchieste non se ne facevano, non approfondite quanto meno. Quando il muro del silenzio è crollato, nel 1992, Vigevano si è in parte svegliata: è nata un’associazione anti-racket e diverse persone appartenenti alla società civile ed alla politica si sono messe in moto. La situazione è cambiata grazie a persone come Davide Salluzzo all’epoca presidente di un circolo ricreativo locale, la Cooperativa Portalupi, oggi referente regionale di Libera Lombardia; il Prefetto Renato Profili; il Procuratore di Vigevano Carmen Manfredda; il commissario del Comune, Maria Letizia Bianchi; la stessa Maria Grazia Trotti; la diocesi guidata dal Vescovo, monsignor Locatelli e il mondo dell’associazionismo. Negli anni Novanta si sono svolti diversi convegni sul tema dell’usura e si è dato inizio all’iter per la confisca ed il riutilizzo ad uso sociale dei beni sottratti al clan Valle. I cittadini vigevanesi, inoltre, firmarono in migliaia la proposta di legge dell’associazione Libera, per un riutilizzo sociale dei beni confiscati, divenuta norma nel 1996 (la 109/96).

I Valle sembrano una tipica famiglia ‘ndranghetista: alleanze potenti (De Stefano) matrimoni combinati (Lampada) e metodi estremamente violenti. Come sono riusciti ad insediarsi in Lombardia e in quali attività hanno operato?

I Valle arrivano a Vigevano all’inizio degli anni Ottanta per sfuggire ad una guerra intestina che stava eliminando la famiglia. Non è un caso che scelgano questa città, qui da tempo risiedeva Giovanni Cotroneo, boss calabrese, che accoglie i nuovi arrivati con un abbraccio, quello avvenuto realmente con il boss dei Valle, Francesco detto “don Ciccio”. I report di Pedone indicano un aiuto economico ricevuto da Cotroneo per mano dei Valle, i quali si erano portati al Nord i ricavi accumulati attraverso i crimini commessi in Calabria. Soldi che vengono investiti, ad esempio, nella ristrutturazione di una pizzeria: la “Charlie Brown” in corso Milano. Si parla di protezione garantita ai Valle da eventuali attacchi da parte della cosca Geria-Rodà, quella con cui i Valle erano in guerra al Sud, grazie alla presenza in Calabria di Giorgio Cotroneo, fratello di Giovanni, in grado di avvisare in caso di eventuali arrivi indesiderati. Il terreno era quindi preparato: i Valle potevano occuparsi dell’usura e così tornare ad accumulare ingenti somme, cosa che hanno fatto per oltre una decade in città, fino al loro primo arresto il 15 gennaio del 1992.

Quali sono stati i membri più rappresentativi del clan?

All’arrivo a Vigevano il clan era composto dal boss nonché padre di famiglia Francesco Valle, classe 1937, detto “don Ciccio”; Fortunato Valle, classe 1962, figlio maggiore di Francesco il cui ruolo, in quegli anni, era quello di andare a recuperare i soldi dai commercianti usurati; Angela Valle, classe 1964, figlia di Francesco era la contabile del clan; Angela Nucera, moglie di Francesco Valle, ritratta morente in un dipinto ritrovato in un bene confiscato al clan, mentre un angelo la soccorre. Quell’angelo  ha i tratti di Giovanni Cotroneo. C’erano poi altri personaggi minori legati alla famiglia: Leone Lucisano, nipote di Francesco Valle e Fortunato Pellicanò, all’epoca marito di Angela Valle; il loro ruolo era di accompagnare Fortunato nelle “missioni” di recupero crediti. I Valle poi hanno stretto un legame famigliare/economico con i più potenti Lampada, facendo sposare alcuni famigliari, per esempio Maria Valle, classe 1986,  figlia di Fortunato Valle, con Francesco Lampada, classe 1977; Leonardo Valle, classe 1972, figlio di Francesco, con Maria Concetta Lampada. Oggi, dopo trent’anni dalle indagini e i report di Giorgio Pedone, sono stati tutti condannati per associazione a delinquere di stampo mafioso dopo diverse condanne subite in passato, tra gli anni Novanta e Duemila. Forse sarebbe stato possibile frenarne l’ascesa se si fosse ascoltato il vice questore di Vigevano ma sembra che nessuno abbia voluto farlo.

 

Informazioni

Pizza, Sangue e Videopoker. Edizioni LaBarriera (12 euro, 144 pp) scritto da Andrea Ballone, Carlo E. Garibaldi e Simone Satta..

E’ possibile trovare il libro: a Milano presso la libreria dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. A Vigevano presso La Feltrinelli in Piazza Ducale; alla Videorent in via Cairoli; alla libreria Sant’Ambrogio in piazza Sant’Ambrogio e al Cinema Teatro Odeon in via Berruti 2.

Contatti: Associazione la Barriera, tel 0381 692336 – 348 1269711 o odeon@labarriera.it.

Gli autori

Andrea Ballone: giornalista free lance da 13 anni è al suo primo libro. Collabora con Il Mondo, Cronaca Vera, Il Sole 24 Ore, La Provincia Pavese, Linkiesta, e in passato ha scritto per Il Fatto Quotidiano, Visto, Tu Style, il Manifesto e molte altre testate.

Carlo E. Gariboldi: giornalista, vice caporedattore alla Provincia Pavese. Impegnato nel sindacato dei giornalisti, è vicepresidente della Casagit, la Cassa sanitaria autonoma di giornalisti italiani. È’ tra i promotori di Libera Pavia.

Simone Satta: è cronista de’ LaBarriera, battagliero mensile d’inchiesta del vigevanese e da sempre attivo nell’antimafia attraverso l’attiva collaborazione con l’associazione Libera.

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