di Silvia Macellaro

Saviano

Roberto Saviano a Barolo (Cuneo) lo scorso 6 luglio presenta ZeroZeroZero

Il gioco della corruzione.

Alcuni si chiedono chi sia, altri lo ritengono un personaggio di poco conto perché “non ha mai detto niente di nuovo”, altri ancora restano affascinati dalla sua figura e dal coraggio con cui ha denunciato, magari per l’ennesima volta, una realtà che non ha bisogno di essere taciuta.
Una posizione dura la sua, scomoda per troppi, fatta di nomi,cognomi e pochi giri di parole.
Libri come “Gomorra” e “Zero zero zero”, si inseriscono per l’autore, Roberto Saviano, in un sistema in cui la letteratura riveste un ruolo fondamentale, dove la parola ha una potenza inaudita, perché permette di raccontare tutte quelle realtà poco conosciute; mette paura perché svela i meccanismi, illumina le ombre. Ma il vero terrore non deriva da chi scrive; arriva da chi legge. Si ha paura di un uomo che si informa, si ha paura di chi la sera a tavola parla con i propri figli, si ha paura di chi non riesce più ad avere un atteggiamento passivo, di chi si fa domande e cerca risposte.
Le mafie dall’altra parte cercano invece di dire che è una cosa che non ha senso, che siamo tutti uguali, che facciamo tutti schifo perché siamo tutti corrompibili. Roberto Pannunzi, Bebè, è un broker di coca che sostiene che quando bisogna corrompere qualcuno, non si deve corrompere troppo. Piccole cose per generare un piccolo senso di colpa. Il corrotto deve rispondersi che tanto lo fanno tutti. È quello che si verifica con gli imprenditori in crisi; questi si rivolgono al commercialista il quale li mette in contatto con il mafioso, catalogato come imprenditore ignoto. Vengono dati i soldi necessari a salvare l’azienda e si ha l’illusione di non aver perso ciò che era proprio. Il senso di colpa viene meno perché vengono salvati i dipendenti.
Se si capisce come una persona trova il coraggio di andare a dormire, si è trovato il senso di quell’individuo. È l’imprenditore in crisi del nord che va a cercare la mafia, non il contrario. Corrado Alvaro disse che la vera disperazione di un paese si ha quando vivere onestamente sembra inutile.

Il voto di scambio.

Saviano ha fatto spesso ricorso al web e alle varie piattaforme, in particolar modo durante il periodo delle elezioni, per avere un riscontro in tempo reale su quanto valessero i voti di scambio nelle varie zone d’Italia.
Alcuni offrivano buoni carburante, soldi, mozzarelle, altri la conferma del lavoro degli operai nei cantieri.
Lo scrittore sostiene che le persone cedono al voto di scambio perché alberga in loro la forte convinzione di poter ottenere qualche favore, ma in realtà hanno già perso tutto quello che un politico avrebbe dovuto offrire loro. Da tutto questo processo ha origine la falsità degli exit polls; la gente mente sul voto che ha effettivamente dato perché se ne vergogna.
Un altro fenomeno avvenuto durante le elezioni è quello della cosiddetta “scheda ballerina”:  prima dell’ingresso al seggio viene data una scheda già compilata, che dovrà essere sostituita all’interno del camerino di votazione con quella bianca, consegnata dagli scrutatori. La scheda bianca dovrà essere portata fuori dal seggio affinché sia provata la votazione e, una volta compilata, sarà consegnata ad un nuovo elettore per la ripetizione del procedimento. È così che quindi le mafie estendono il proprio controllo sul territorio, aumentando così il proprio potere.

Una ricchezza egoista.

L’origine di tutto questo è la potenza economica, una ricchezza che però è per l’individuo, non diventa del gruppo. Le mafie vogliono che ci sia sottosviluppo, perché se no non riuscirebbero a corrompere più nessuno con 2.500 €. È il motivo per cui si rende necessario migliorare la vita nelle carceri. Se un carcere è disumano arrivano le mafie a proteggerlo. A Napoli ci sono alcune radio in cui sovente si sentono ringraziamenti di madri, il cui figlio è un detenuto, a zii sconosciuti. Li ringraziano per il loro aiuto. Il risultato è che entrano in carcere borseggiatori ed escono affiliati.
È una ricchezza che deriva in via principale dal narcotraffico, un narcotraffico che con il tempo si è evoluto. Inizialmente la mafia investe sull’eroina. Lo logica che porta a questa scelta è il fatto che la clientela sarebbe ventenne, e gli introiti sicuri. Camorra e ‘ndrangheta seguono una linea differente invece,  intuiscono che è la cocaina ad essere droga d’elite.

La droga chic.

Con il tempo l’oppio viene discriminato; determina una sensazione compulsiva, la figura dell’eroinomane allontana dalla droga perché coincide con l’immagine del degrado, gli effetti della sostanza sono evidenti e il tossico con il tempo è costretto a rivolgersi a centri di recupero.
Nasce quindi la cultura della coca, della droga chic, perché non c’è la prova lampante che faccia male, non si butta in vena ed è una sostanza performativa. All’inizio la sensazione è quella del “sentire di più”, si amplifica solo la sensazione che in quel momento si vuole provare. Non limita nelle attività da svolgere quotidianamente, non  ti fa perdere la lucidità, puoi guidare, lavorare  e fare  tutto senza che nessuno si accorga di nulla. Anzi, si limita il senso di colpa aumentando la produzione lavorativa e non sentendosi così “ sporchi”.
Non ti dà la sensazione che ti sta distruggendo, ma il tuo organismo la paga a prezzo d’usura.
L’unico modo per poter far fronte al mercato più redditizio del mondo sarebbe legalizzarlo. Moralmente sarebbe un fallimento, ma fino a quando le droghe continueranno ad essere clandestine le mafie continueranno ad arricchirsi.

Per chi racconta tutto questo si ha un atteggiamento ambiguo, perché se da una parte tutti sono consapevoli dell’esistenza di questa realtà, dall’altra è più facile distaccarsene e far passare chi scrive per ciarlatano. Argomenti che generano fastidio tra le persone perché si attiva un moto che porta a chiedersi cosa sia stato fatto personalmente e solitamente la risposta non fa molta strada da un niente che accomuna.
È vero, molte sono le volte e le persone che hanno ripetuto le stesse cose, ma molte continuano a essere le persone che per paura fanno finta di niente.
Van Gogh disse: “Perso i soldi? Perso abbastanza. Perso l’amore? Perso qualcosa. Ma perso il coraggio? Perso tutto.”