Dopo aver ascoltato tutti i testimoni chiamati a deporre dal Pm Marcello Tatangelo, il processo per la scomparsa di Lea Garofalo prosegue con i testi portati dalla difesa dei sei imputati. Questa mattina hanno cominciato due colleghi di lavoro di Cosco Vito e un consulente tecnico scelto dalla difesa.

Il primo a salire al banco è stato Giovanni Pirinoli, consulente tecnico che si occupa di intercettazioni e comparazioni audio, che ha affermato di aver lavorato con Giovanni Falcone. Il testimone ha spiegato alla Corte i limiti di precisione delle celle telefoniche, utilizzate nelle indagini per localizzare gli imputati e i loro spostamenti nella notte del 24 novembre 2009 e nei giorni successivi: “la funzione delle celle telefoniche non è quella di fornire una puntualizzazione precisa come può invece fare il sistema Gps. La mappatura precisa delle celle presenti sulla città di Milano esiste ma non è a disposizione di cittadini ed enti privati”. Il teste Pirinoli ha specificato che non è corretto affermare “il telefono è lì e aggancia quella determinata cella”, ma “il telefono aggancia quella cella quindi è possibile che sia lì”. Rispondendo poi ad una domanda precisa dell’avvocato difensore Steinberg, il teste ha affermato che “due telefoni con lo stesso gestore e situati nello stesso posto è possibile che non aggancino la stessa cella. L’aggancio delle celle è veramente un gioco al lotto”.  Nei riferimenti e nelle risposte che Pirinoli ha dato nel corso dell’interrogatorio, ha ripetuto più volte che “i tabulati della Wind non sono affidabili come gli altri” e “Il sistema positioning della Wind fa ridere”.

La seconda deposizione della giornata è stata quella dell’ingegnere Alessandro Santopietro, dell’azienda Fondazione Speciale SpA. Nel 2009 la sua impresa ha lavorato per la costruzione della linea 5 della Metropolitana di Milano, nei tratti Keplero – Zara e Zara – Famagosta, fino al marzo 2010: “Conosco Vito Cosco, era dipendente dell’azienda come operaio comune. Faceva parte di una squadra con altre tre persone e lavorava nei turni giornalieri, che sono tre: dalle 6 alle 14, dalle 14 alle 22 e dalle 22 alle 6”. Dai documenti è emerso che il 24 novembre 2011 Vito Cosco ha lavorato dalle 14 alle 22. Rispondendo alle domande del Pm, Alessandro Santopietro ha spiegato come il cantiere occupava un tratto lungo circa 500-600 metri, che i turni di lavoro erano solo per i giorni feriali e che Vito Cosco utilizzava anche il furgone per lo spostamento del materiale. Ma come è stato assunto Vito Cosco: “Lui è arrivato quando abbiamo avuto la possibilità di lavorare anche di notte, per cui abbiamo formato una nuova squadra e abbiamo chiesto ad una ditta in subappalto e si è presentato Vito Cosco. Aveva un contratto a tempo indeterminato, ricordo che è stato molto tempo in malattia, poi è tornato al lavoro per poi successivamente andare in malattia”. Vito Cosco ha lavorato solamente 5 settimane in un anno ed è risultato assente, con regolare permesso per tutta la giornata, anche il 5 maggio 2009, giorno del fallito sequestro di Lea Garofalo a Campobasso. Il pm Marcello Tatangelo ha infine chiesto informazioni riguardo eventuali disponibilità di sostanze acide per lo smaltimento delle acque sporche, scoprendo che nel cantiere era presente una soluzione acida concentrata non meglio specificato (possibile acido cloridrico) contenuto in una cisterna da 1000 litri.

L’ultimo testimone della giornata è stato Mario Amoroso, dipendente della Fondazione Speciale SpA che ha lavorato con Cosco Sergio nella costruzione della galleria metropolitana a Milano. Amoroso però non ricordava quando fosse arrivato in cantiere e nemmeno le molte assenze fatte.

Altri due testi, anche loro operai, Fracassa e Picierno, dipendenti della Fondazione Speciale, avrebbero dovuto essere ascoltati in questa udienza, ma sono rimasti bloccati dalla neve a Potenza e la Corte ha deciso di non riconvocarli successivamente perché non essenziali al dibattimento.

La prossima udienza è prevista per lunedì 20 febbraio.

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