Di Flavia Famà– Libera Internazionale
24 aprile 2013, Cuadernos mexicanos
Il primo impatto con la città è stato subito molto forte, metrobus diviso in due settori, dietro gli uomini e davanti le donne, separati, perché troppo spesso qui accadono molestie e stupri. La gente sale come se questa soluzione per proteggere le donne sia normale.
Arrivati alla Casa de la Cultura Reyes Heroles a Coyoacan incontriamo Paolo Pagliai, professore universitario che vive da 18 anni in Messico e che insieme a don Luigi Ciotti ha dato vita nel 2009 a Libera Universidad.
I suoi studenti, alcuni dei quali presenti, ci raccontano la loro esperienza, come ad esempio aiutare a costruire le case per la gente che vive nella discarica di Oaxaca o incontrare i sacerdoti della “red de albergues para migrantes”, che salvano ogni anno migliaia di vite in viaggio verso il sogno americano.
Nel pomeriggio ci spostiamo nella sede di “Serapaz” per incontrare alcune associazioni di difensori dei diritti umani e di assistenza alle vittime.
Dopo aver condiviso l’esperienza della rete di “Libera” e della campagna Pace per il Messico- México por la paz, Claudia Cruz, referente di Libera in Messico e Carlos Cruz, Fondatore di Cauce Ciudadano sulla base di quanto succede in Messico e dell’isolamento dei familiari delle vittime e dei difensori dei diritti umani, hanno proposto con forza la creazione di una rete messicana di antimafia sociale.
Qui il controllo del territorio da parte dei cartelli dei narcos è talmente forte che i venditori ambulanti, oltre a dover pagare il pizzo per poter svolgere la propria attività, spesso si trovano a dover commercializzare merci che hanno il marchio dei cartelli stessi, ad esempio los Zetas, il tutto con il benestare delle istituzioni locali.
I cartelli messicani, come le mafie italiane, mirano al controllo sociale e alla complicità della politica, ma qui negli ultimi sei anni hanno posto in essere una strategia del terrore che ha prodotto 136.000 morti, paura e vantaggi per i politici corrotti che hanno così potuto giustificate investimenti milionari sull’azione repressiva dimenticando che le mafie si combattono anche con un cambio culturale.
Tra i casi più recenti di terrore c’è quello della Colonia La Pastora, nella Delegazione Gustavo A. Madero, nel nord di Cittá del Messico: 17 morti negli ultimi 40 giorni per la lotta per il controllo del territorio.
Non si ammazzano soltanto tra di loro, stanno mietendo vittime innocenti.
In questo barrio c’è un coprifuoco di fatto, dopo le 8 di sera nessuno deve circolare, dalle 10 si sentono spari per strada e l’illuminazione pubblica è stata distrutta dagli stessi criminali per aumentare il senso di paura ed insicurezza.
In una situazione che ai più appare senza speranza, un’alternativa viene data dall’associazione “Barrio Activo” , organizzazione nata cinque anni fa dalla necessità di restituire spazi ai giovani del quartiere e che attraverso attività sociali, come lo sport, riescono ad allontanare centinaia di adolescenti dalla mano criminale.
Uno di loro, Edgar, ci racconta di una iniziativa programmata per i primi di maggio, per sensibilizzare la gente del quartiere e per restituire sicurezza al vicinato: “Un Taco por la paz”: si mangia insieme per ascoltare le testimonianze dei familiari delle vittime, promuovere la conoscenza tra gli abitanti della Colonia e per iniziare a fare rete.
“Un viaggio lungo mille chilometri inizia con un piccolo passo”.