di Carmela Racioppi
La notte dello scorso 5 aprile il boss italiano Domenico Rancadore è stato nuovamente catturato nella sua dimora a Uxbridge, a ovest di Londra. Latitante da molti anni, l’ex capo mafia di Trabia, noto a tutti come “il professore”, solo un mese fa aveva evitato l’estrazione poiché era riuscito a far valere il suo appello contro le precarie condizioni delle carceri italiane, che secondo il boss, violavano i diritti umani. Così, dopo che la proposta era stata accolta positivamente dalla giustizia inglese, Rancadore era tornato a vivere tranquillamente tra i sobborghi londinesi insieme alla sua famiglia sotto la falsa identità di Marc Skinner.
Oggi a segnare la fine del latitante, residente in Inghilterra da quasi venti anni, è stato un nuovo mandato di arresto europeo inviato dall’Italia che lo condanna a una pena detentiva di sette anni per reati di associazione mafiosa risalenti al periodo 1987-1995. Il provvedimento, esempio di una maggiore volontà collaborativa sul fronte della giustizia europea, sostituisce il vecchio sistema dell’estradizione e introduce una filosofia rivoluzionaria per i Paesi membri dell’Ue. Non sono più gli Stati e i Governi ad occuparsi della consegna dei ricercati, ma direttamente le autorità giudiziarie. Inoltre tale mandato inserisce il principio fondamentale del mutuo riconoscimento garantendo in tal modo la libera circolazione delle decisioni giudiziarie e un sistema di consegna più rapido e semplificato.
Se Rancadore dovrà ora presentarsi davanti alla Corte di Westminster è proprio grazie a questo strumento. Senza il mandato di arresto europeo il boss italiano, definito quale uno dei principali superlatitanti, avrebbe continuato a gestire affari malavitosi e a godere della pensione dell’Inpdap che ogni mese arrivava puntuale su un conto corrente registrato presso una banca italiana.
Solo qualche giorno prima del ritrovamento dell’ex capo mafia, Nigel Farage, politico britannico e parlamentare europeo, citando il caso della mancata estradizione di Rancadore, aveva sottolineato la disfunzionalità delle leggi vigenti nell’Unione Europea. Tale arresto rappresenta invece un significativo passo avanti nel campo della legalità e della giustizia dello spazio comunitario. L’Europa necessita di una grande forza cooperativa soprattutto sul tema della criminalità organizzata che, in piena globalizzazione, riesce a collaborare più facilmente rispetto ai singoli governi.La lotta contro il crimine organizzato non deve riguardare solo gli Stati e i sistemi giudiziari in cui sono presenti le maggiori organizzazioni mafiose ma tutti i Paesi e i cittadini dell’intera Europa.