di Carmela Racioppi
Un’ intensa settimana, questa appena trascorsa, sul fronte dell’antimafia in cui a farla da padrone sono stati i giovani. A darle il via è stato proprio il 23 Maggio, che oramai da ben 21 anni non è più un giorno qualunque. La morte di Giovanni Falcone, insieme a quella di sua moglie Francesca Morvillo, e i suoi uomini della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro, ha segnato profondamente la storia dell’intera Italia. Ricordare tale giorno rientra tra i doveri di un cittadino responsabile e consapevole. Ma solo il ricordo non basta, perché seppur fondamentale, non bisogna solo commuoversi e richiamare alla mente quei brutali momenti, ma è anche necessario dimostrare un impegno attivo nella vita di tutti i giorni. La lotta alla mafia, infatti, non riguarda solo la magistratura ma ogni singolo membro della società. Era lo stesso Falcone ad esprimere questo fondamentale concetto durante il suo trasferimento a Roma con una frase diventata celebre, “La lotta alla mafia non si può fermare a una sola stanza…la lotta alla mafia deve coinvolgere l’intero palazzo. All’opera del muratore deve affiancarsi quella dell’ingegnere [..]”
E a riempire un’intera stanza, sono stati i ragazzi che hanno partecipato alle iniziative milanesi promosse per ricordare la strage di Capaci. Non una stanza di un palazzo, ma l’aula della facoltà di Scienze Politiche della Statale di Milano, presso cui proprio il 23 Maggio si è tenuto un convegno dal titolo “I pericoli della zona grigia, il ruolo dell’antimafia sociale”, in cui gli studenti del Coordinamento delle scuole milanesi per la legalità e la cittadinanza attiva, hanno onorato attraverso commuoventi letture la memoria di Falcone, di Borsellino, delle vittime della strage di via Palestro e di sindaci impegnati nella lotta al crimine organizzato. Nel pomeriggio, invece, gli studenti hanno partecipato a quattro incontri di approfondimento presso il liceo Volta e, come ogni anno, alla consueta cerimonia all’albero Falcone e Borsellino ai giardini di via Benedetto Marcello.
Tanto importanti sono stati anche i giorni seguenti segnati dalla morte di don Andrea Gallo, una figura di rilievo per la comunità italiana, e dalla beatificazione di don Pino Puglisi ucciso proprio dalla mafia nel 1993 a Palermo. Milano è tornata poi ad essere di nuovo protagonista con l’ultima udienza, tenutasi alla Corte d’Assise del Tribunale milanese, del processo Lea Garofalo. Anche in questa occasione diversi giovani hanno dimostrato il loro attivo impegno, partecipando a tutte le udienze e manifestando la loro solidarietà nei confronti di Denise, la figlia di Lea che ha avuto il coraggio di denunciare il padre, Carlo Cosco. Alcuni di loro circa un anno fa, hanno dato vita persino a un Presidio Libera Lea Garofalo ricordando continuamente la storia di Lea.
Ecco è proprio questo il senso e l’altro volto dell’antimafia, non si è costretti a intraprendere imprese ardue per potere cambiare qualcosa, ma basta anche fermarsi a leggere un articolo, una pagina di un libro che racconti del fenomeno mafioso e diventare così individui informati, critici e coscienti. È indispensabile rendersi conto che la mafia non è lontana dai nostri occhi e dalla nostre vite, ma si insinua in ogni angolo del quotidiano. Allora per svolgere il pieno ruolo di cittadini bisogna contribuire, anche con un piccolo gesto, a sconfiggere tale fenomeno, riappropriandosi in questo modo dei propri spazi e trasformare così le nostre azioni in un “agire sociale dotato di senso”, proprio come hanno fatto i ragazzi delle scuole milanesi e quelli del Presidio Lea Garofalo.