di Nando dalla Chiesa
E allora parliamo di antimafia. L’arresto di Rosy Canale, presentata e sponsorizzata da molti come eroina della lotta alla ‘ndrangheta, deve essere una spia per tutti. La storia di questa donna, pestata in modo selvaggio come titolare di una discoteca in cui vietava la circolazione di cocaina (sto al suo racconto, che non si presta a controdeduzioni logiche), diventa simbolica di molto altro. Le è stato dedicato un libro un po’ frettoloso, e frettolosamente la sua figura di “eroina” è stata segnalata al teatro “Franco Parenti” di Milano perché vi portasse un suo spettacolo autobiografico, musicato da Battiato. Spettacolo che faceva parte di un ciclo sulla mafia, tema su cui lo stesso teatro si è speso generosamente sin dai tempi in cui lo dirigeva Franco Parenti (allora si chiamava “Pier Lombardo”). Ero stato chiamato appunto alla conferenza stampa di presentazione del ciclo e poi a un dibattito con la stessa Rosy Canale, che precedeva il suo spettacolo. Siccome l’antimafia è anche un movimento serio, qualcuno dalla Calabria mi aveva messo una pulce nell’orecchio. E io mi ero ben guardato dal tessere lodi preventive o dall’aderire al mito dell’eroina. Su di lei non avevo speso una parola. Volevo stare a capire. Così dopo qualche giorno venne il dibattito. Presenti con me Gianni Barbacetto e Ombretta Ingrascì. Bastò un quarto d’ora perché tutti e tre iniziassimo a guardarci e a chiederci dove fossimo capitati. Ed educatamente incominciammo a controbattere un racconto dei fatti in cui gli unici soggetti che venivano messi sotto accusa erano, alla fine, lo Stato e il movimento antimafia. Nulla sui clan. Nulla contro i clan. Ombretta fu la più dura. Io e Gianni prendemmo le parti dello Stato, visto che ne esiste una faccia buona anche in Calabria. Ascoltai poi lo spettacolo, ben scritto e reso suggestivo dalle musiche di Battiato, e mi convinsi che qualcosa, molto non tornava. La madre di una delle vittime di Duisburg trattata come madre Teresa di Calcutta perché aveva invitato i clan alla pace, a non spargere sangue. E molte altre cose che qui non mi metto a raccontare. Insomma, ieri ho avuto la conferma che difficilmente mi sbaglio in queste cose. Con la benedizione di creduloni e di impostori vari si è messo in movimento un circo dell’antimafia che sarà bene fermare. E chi, come il sottoscritto, ha maturato una certa esperienza per decenni, riconosce i cialtroni dai dettagli. Se sbaglia, sbaglia per eccesso di generosità, mai per eccesso di sospetti. Chissà se questa vicenda non possa essere che l’inizio di una manzoniana “risciacquatura dei panni in Arno”.
Ora però la bella notizia. Ieri il Consiglio di dipartimento dei Scienze sociali e politiche di Milano ha approvato all’unanimità il mio progetto di “università itinerante”. Tema: la legalità difficile. Da declinare ogni anno in forme e su luoghi diversi. Bene, l’antimafia (quella che non frega soldi e non inventa bubbole) riesce anche a svecchiare l’accademia….