Pino Maniaci e la figlia Letizia

Pino Maniaci non rischia di essere ucciso nel giro di poche settimane. Però un pericolo reale, legato alla possibile scomparsa della sua televisione comunitaria Telejato, esiste. Il titolo di un pezzo comparso su internet qualche giorno fa ha creato molto allarme attorno al giornalista di Partinico: «L’articolo sul web è una “tiratura”, è scritto male – commenta Pino Maniaci -. Il passaggio in Sicilia al digitale avverrà a giugno 2012, fino a quel momento c’è ancora possibilità di cambiare la situazione. Attenzione però: io sono sotto tutela dei carabinieri da qualche anno e finché rimane l’esposizione mediatica io sono più protetto, ma se spegni il microfono i rischi aumentano per me e per la mia famiglia. È una reazione a catena. Il pericolo c’è, entro giugno bisogna trovare una soluzione». Ma perché la vita di Pino Maniaci potrebbe essere in pericolo per il passaggio al Digitale Terrestre in Sicilia?

Telejato è una piccola televisione comunitaria che trasmette da Partinico, paese di  31.000 abitanti nell’entroterra palermitano, in 25 comuni circostanti tra cui Cinisi e Corleone, raggiungendo circa 180.000 telespettatori. La caratteristica di questa televisione comunitaria è di essere a conduzione familiare (Pino, la moglie Patrizia e la figlia Letizia, vincitrice nel 2005 del premio “Maria Grazia Cutuli”) e supportata dal lavoro di molti volontari. Ma soprattutto, Telejato dal 1999 lotta e informa contro il potere mafioso di Cosa nostra, contro le collusioni con i politici e contro le ingiustizie: «Noi facciamo antimafia – spiega Pino Maniaci – seguendo gli insegnamenti di Peppino Impastato, di Giuseppe Fava, di Mauro Rostagno, di Danilo Dolci. Telejato è un’emittente che rompe i coglioni, che fa vero giornalismo, ma con il passaggio al Digitale Terrestre perderemmo il diritto e la possibilità di continuare a trasmettere». Dal 30 giugno 2012 le trasmissioni televisive in Sicilia passeranno dal sistema analogico a quello digitale e tutte le tv comunitarie, circa 250, sparirebbero perché la Legge di stabilità 2011 ne prevede, di fatto, l’abolizione. Per questo motivo, lo scorso novembre si è formato il comitato “Siamo tutti Telejato” che ha presentato un documento per salvare tutte le 250 emittenti comunitarie, con l’obiettivo di ” Denunciare  la cecità con cui, nella normativa indicata, le nuove misure legislative predisposte non tengono conto del fatto che esse potrebbero rendere impossibile a piccoli gruppi editoriali, come Telejato, di rimanere attivi sul mercato della comunicazione. A tali realtà si impedirebbe così il loro ruolo insostituibile di vigilanza sulle attività e penetrazioni mafiose nel tessuto sociale dei singoli territori e nella dimensione culturale dei Cittadini”. Nell’appello promosso dal comitato si chiede inoltre al presidente Mario Monti al suo Governo di abolire il “Beauty contest”, meccanismo che assegnerebbe gratuitamente 6 frequenze televisive a Rai e Mediaset. «Abbiamo fatto nascere una protesta a livello nazionale facendo da “testa d’ariete”, perché decidere di chiudere le piccole realtà televisive, che sono quelle che hanno il vero polso del territorio, significa creare un vero monopolio dell’informazione. Ora noi ci siamo mobilitati – spiega il direttore di Telejato – con il comitato, con una pagina facebook e con l’appello, già firmato da decine di migliaia di persone e di associazioni che ci stanno sostenendo, perché senza pluralità di informazione la libertà finisce». Riferendosi alle numerose minacce e aggressioni subite, Pino conclude amaro: «Il paradosso è che non mi ha fermato la mafia ma ci sta riuscendo lo Stato».

Telejato è una realtà unica e preziosa nella lotta alla mafia, il rischio di poterla perdere e di mettere a repentaglio la vita di Pino e della sua famiglia deve essere sventato al più presto. Non si tratta solamente di libertà d’informazione, la questione in campo in questo caso è ancora più grossa e per questo bisogna impedire che si spengano i microfoni.

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