La criminalità organizzata nei balcani occidentali
di Dusan Desnica
L’elaborato è volto ad analizzare la nascita e lo sviluppo della criminalità organizzata nei Balcani Occidentali. In particolar modo si trattano i molteplici fattori – fine del bipolarismo, dissoluzione della Jugoslavia socialista, conflitti etnici, ruolo delle sanzioni economiche e centralità della rotta balcanica per i traffici criminali – che hanno portato all’affermazione del crimine organizzato nella regione. In secondo luogo ci si concentra sulla situazione delle singole realtà statali nel dopoguerra, con particolare riferimento al caso della Serbia, dove la criminalità organizzata è arrivata a influenzare nel profondo il processo di democratizzazione del paese. (30-11-2015)
Nuove prospettive della criminalità organizzata in Francia: il Milieu tra passato e presente
di Francesca Festa
La Francia è il paese europeo dove la rimozione del fenomeno mafioso risulta essere più critica. Molteplici errori da parte delle istituzioni francesi hanno portato a una sottovalutazione dei numerosi insediamenti criminali presenti sul territorio, fortemente banalizzati in semplici forme di banditismo. Persiste la convinzione che gli unici esempi di crimine organizzato risalenti al periodo della French Connection siano stati ben debellati dal Paese e che resistano solo alcuni ultimi testimoni del Milieu Corso-Marsigliese. L’attuale vuoto di diritto circa il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso potrà essere colmato solo tramite una esaustiva comprensione del fenomeno. A tal proposito, si è cercato di illustrare le nuove forme di crimine organizzato in Francia, sia autoctone, sia straniere evidenziando sette aree ad alta densità criminale. (15-07-2015)
Ribellarsi a Rosarno: la costruzione di una nuova cultura civile nella piana di Gioia Tauro
di Claudio Campesi
Se quella che oggi è definita l’organizzazione criminale di stampo mafioso più potente è stata sottovalutata al punto di essere inserita nell’elenco delle associazioni criminali solo nel 2010, non è anomalo constatare come le storie di chi abbia provato a contrastarla siano perlopiù sconosciute. Una terra che ha saputo partorire un male come quello ‘ndranghetista ha avuto, ed ha, anche la forza di crearne gli anticorpi. È necessario innanzitutto ricostruire una memoria storica condivisa che restituisca alla comunità rosarnese il valore del ricordo; tale processo produce infatti un effetto pedagogico-educativo volto a dimostrare che un cambiamento dello status quo è stato possibile in passato e pertanto è possibile emulare nel quotidiano. È in quest’ottica che verranno raccontate le esperienze che, in particolare in campo economico, istituzionale e culturale, testimoniano lo sviluppo, a Rosarno, di una cultura civile antitetica al sistema ‘ndrangheta. Storie di uomini comuni, della Calabria che resiste. (19-12-2015)
Il contesto criminogeno. Criminalità organizzata e conflitti bellici: sei casi a confronto
di Samule Motta
Ogni criminalità organizzata si è da sempre contraddistinta, tra le altre, per la caratteristica precipua di avere il controllo territoriale delle aree in cui opera. Questi territori sono però sempre “spazi” in cui il controllo statale è carente o del tutto assente, ossia luoghi in cui vi è un “vuoto” di potere legittimo. La guerra è definibile proprio come la “creatrice di vuoti” per eccellenza, in quanto pone, sul territorio in cui è combattuta, due o più entità che si autoproclamano come legittime. Ed è proprio nei conflitti, nel corso del XX secolo, che le organizzazioni criminali si sono infiltrate per garantirsi numerosi vantaggi, permettendo loro di accumulare enormi profitti e stabilire legami internazionali; trasformandoli in “contesti criminogeni”. Tramite sei casi studio, si mostra quindi con quali modalità e mezzi la criminalità organizzata abbia cercato di ottenere benefici dalle situazioni di guerra; analizzando il rapporto che si è venuto nel tempo a creare tra la criminalità organizzata ed i conflitti bellici.
La natura sovversiva della mafia tra società e diritto
di Mirko Mazzilli
Qual è il bene comune più prezioso che le organizzazioni criminali mafiose mettono in pericolo o danneggiano? È certamente la democrazia. La natura sovversiva della mafia, risalta in primis dall’analisi della definizione di Stato e della mafia, considerando diverse analogie presenti in entrambi i sistemi di potere e nelle loro caratteristiche e differenze sostanziali. Una sovversione subdola, diversa da quella del terrorismo o delle associazioni sovversive o di eversione dell’ordine democratico, in quanto indiretta, perché non direttamente volta alla distruzione dello Stato ma volta comunque a condizionarne il potere in favore della stessa e quindi forse più pericolosa.
La chiesa palermitana contro la mafia: esperienza e testimonianza di Padre Pino Puglisi
di Gianmarco Crescentini
«[Don Puglisi] era un prete che predicava contro la mafia. Quindi era una persona che dava fastidio alla famiglia dei mafiosi di Brancaccio». «Lui si prendeva i bambini per non farceli cadere, diciamo, a farli diventare persone che rubano, che vanno in carcere, per non darli, diciamo, nelle mani alla mafia». «Padre Puglisi non si era incanalato, stava cercando di fare tutto a modo suo e quello che si fa nel quartiere deve partire dalla famiglia che gestisce tutto». Basterebbero queste dichiarazioni fatte da alcuni collaboratori di giustizia per capire perchè è stato ucciso don Puglisi la notte del 15 settembre 1993. Ma non raccontano chi era davvero. In questa tesi si cerca di ricostruire la sua figura partendo dal ruolo svolto all’interno della comunità di Brancaccio, raccontando quale fosse il suo impegno pedagogico ed educativo con i più giovani, e quale il suo impegno civile e sociale per il quartiere palermitano. (15-07-2015)
Le organizzazioni criminali in provincia di Bergamo: un modello pluralista
di Luca Bonzanni
Benché per molto tempo sottovalutata, la storia della presenza delle organizzazioni mafiose in provincia di Bergamo è lunga e articolata. Partendo dai soggiorni obbligati e dalla stagione dei sequestri, l’elaborato analizza l’operatività e il conseguente radicamento dei clan sul territorio bergamasco, offrendo infine una panoramica sulle risposte di politica, imprenditoria e società civile. Uno sguardo più approfondito, inoltre, segnala l’esistenza di fenomeni autoctoni che, benché non collegati alla criminalità organizzata di matrice mafiosa, presentano dal punto di vista sociologico – e in parte anche dal punto di vista giuridico – i tratti del modello mafioso.
Movimenti di guerriglia e criminalità organizzata in Africa subshariana
di Eleonora Di Pilato
Corruzione e mafia a Milano: Il caso Duomo Connection
di Federico Bergna
L’inchiesta Duomo Connection pur essendo oggi pressoché dimenticata, riveste un ruolo rilevante sotto diversi punti di vista. Sotto un profilo giudiziario e dell’antimafia pone le basi per le successive indagini. Secondariamente l’inchiesta rappresenta il primo caso in cui si hanno sugli stessi banchi di un tribunale degli imputati boss, narcotrafficanti, funzionari comunali e un assessore in un processo a Milano. Inoltre, la Duomo Connection anticipa di due anni Tangentopoli, facendo già emergere su scala minore tutti gli elementi del sistema. Infine vi è la dimostrazione di una penetrazione in città delle organizzazioni criminali di stampo mafioso. Questo elaborato vuole fare luce su questa vicenda partendo da un’analisi separata –ma parallela- del fenomeno della corruzione e dell’insediamento mafioso in città, analizzando i casi emblematici per la comprensione dei due fenomeni, i meccanismi a essi funzionali radicati in città e terminando con l’inchiesta nella quale si incontrano.
I traditori. Codici di condotta e lotta per il potere in Cosa nostra
di Giorgia Venturini
Questa tesi analizza il fenomeno del tradimento nella lotta di potere ai vertici di Cosa Nostra tra la mafia palermitana di Stefano Bontate e quella corleonese in ascesa di Salvatore Riina. Maestro nell’arte della tragedia e del tradimento era proprio quest’ultimo che, aiutato da quell’obbligo all’obbedienza che costringe a rinnegare amici, parenti e fratelli se si vuol salva la vita, sceglieva ed addestrava palermitani a tradire. L’obiettivo dell’elaborato, inoltre, è quello di dimostrare che tradimento genera sempre altro tradimento, abbattendo, pertanto, i principi di fedeltà e onore che gli uomini di Cosa Nostra degli anni ottanta dicevano di avere.
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