TransnistriaLa Repubblica Moldava di Pridnestrovie oppure la Republica Moldoveneasca Nistreana o anche Pridnestrovkaja Moldavskaja Respublika o più semplicemente Repubblica Moldava di Transnistria ha un proprio governo, ha una propria polizia, una propria moneta, un’amministrazione autonoma che ha sede nella capitale, Tiraspol e costituisce oggi un vero e proprio grattacapo per i leader delle potenze mondiali e per le organizzazioni internazionali.

Definita come “il buco nero dell’Europa”, la Transnistria viene considerata ufficialmente come facente ancora parte della Moldova, anche se dal 2 settembre 1990 ha dichiarato unilateralmente la propria indipendenza. Dal marzo al luglio del 1992 la regione è stata interessata da una guerra che è terminata con un cessate il fuoco; però il conflitto rimane tuttora irrisolto. Dopo il 1992 le violenze terminarono ma il governo centrale di Chisinau non riacquistò il controllo della riva sinistra del Dnestr e della città di Bender. Ad oggi la Transnistria è stata riconosciuta soltanto dall’Abkhazia e dall’Ossezia, guarda caso due regioni separatiste della Georgia.

Eppure non solo esiste. La Transnistria costituisce uno dei più grandi canali di traffico di armi, di sostanze stupefacenti e di esseri umani presenti nel network criminale globale: quasi una zona franca del crimine favorita da una corruzione del governo e delle istituzioni dilagante messa in atto con una sfacciataggine disarmante.

Il progetto di costruzione dello Stato della Transnistria è stato uno sforzo globale, il cui obiettivo principale era quello di costituire una “identità transnistriana”, una cosa molto complicata. Il conflitto in Transnistria, infatti, non è mai stato un conflitto etnico. La popolazione della Transnistria che comprende Moldavi (38%), Ucraini (28%) e Russi (26%), è simile a quella della Moldova, anche se con quote leggermente differenti di gruppi etnici. Ma ad ogni modo, a causa della natura demografica della Transnistria, il suo secessionismo e il suo progetto di costruzione dell’identità non possono essere giustificati con ragioni religiose o etniche. Ciò ha soltanto aumentato l’importanza di invocare, manipolare e inventare argomenti storici, politici ed economici in favore dell’indipendenza della Transnistria. Poiché i fondamenti ideologici dell’indipendenza transnistriana sono stati vacillanti, le autorità sono sempre state interessate a controllare rigorosamente l’impostazione delle visioni politiche interne della Transnistria.

La Transnistria ben rappresenta le caratteristiche di uno Stato che può definirsi criminale. Innanzitutto è politicamente ed economicamente dipendente dalla Russia, che ne permette la sua esistenza fornendo alla stessa notevoli quantitativi di gas naturale: nel 2004 due terzi del debito transnistriano era nei confronti del gigante energetico Gazprom, la cui “clemenza” risulta inspiegabile. Per poter sopravvivere, l’autoproclamata Repubblica di Transnistria si avvale anche del supporto della 14a armata ex  sovietica, tuttora presente in quel territorio con circa 2.500-3.000 uomini. Comandata all’epoca della guerra civile di secessione dal generale Lebed, ora formalmente inquadrata nella Federazione Russa, la 14a armata dispone tra l’altro di 108 carri armati modello T-64, 7 elicotteri – collocati all’interno del solo aeroporto esistente in Transnistria, nella cittadina di Bender, e adibito unicamente ad uso militare –, 214 veicoli da combattimento per fanteria meccanizzata e 125 pezzi di artiglieria pesante. Il governo locale è stato retto per venti anni (fino al 2011) da oligarchi corrotti ex agenti del KGB, fedelissimi ministri  del leader Igor Smirnov, il cui figlio è presidente del colosso Sheriff, una delle poche società autorizzate al commercio con l’estero la quale ha anche monopolizzato diversi settori dell’economia (alimentare, sport, combustibili, supermarket, telefonia). Vi è poi la Itera, compagnia con sede in Florida, apparentemente collegata alla confraternita di Solncevo, che è l’azionista di maggioranza del complesso metallurgico di Ribnitsa, massimo esportatore di tutta la Transnistria. La regione si è poi resa protagonista di palesi violazioni dei diritti umani considerata anche la terrificante situazione dei carcerati nei centri di detenzione e dell’uso della tortura contro le persone accusate di spionaggio. Si rileva, inoltre, una forte collusione tra il potere pubblico e la mafia locale, composta da esponenti della Brigata Solncevo di origine russa. Questi ultimi hanno rapporti diretti con diverse organizzazioni terroristiche transnazionali, principalmente di matrice islamica fondamentalista. Secondo il servizio segreto moldavo nella Repubblica di Moldova vive ed agisce un discreto numero di soggetti collegati con organizzazioni terroristiche di vario tipo, in particolare di connotazione islamista. Spesso la loro azione in quest’area si limita ad attività di propaganda, di finanziamento e di reclutamento di nuovi elementi da avviare ai campi di addestramento.

Nella loro opera sono aiutati in molti casi da organizzazioni internazionali ufficialmente impegnate in attività caritatevoli e culturali ma, di fatto, operanti come vere e proprie basi logistiche e di supporto finanziario per terroristi. Secondo le informazioni in possesso degli organi di intelligence locali moldavi, i gruppi terroristici internazionali aventi «punti di contatto» in quest’area geografica sarebbero riconducibili a Hamas, Fratelli Musulmani, Partito per la liberazione islamica, Al-Fath , Al-Qaeda, PKK, Lupi grigi, Hizbullah. Elementi collegati alle ultime quattro organizzazioni terroristiche avrebbero tentato di acquistare in Transnistria considerevoli quantitativi di armi convenzionali prodotte da industrie belliche del luogo, nonché materiali nucleari e chimici; tali tentativi, in alcuni casi, sono stati scoperti e vanificati dall’intervento del Serviciul de Informatii si Securitate moldavo, in collaborazione con gli omologhi romeni e statunitensi.

È opportuno ricordare che la Transnistria possiede proprie fabbriche di armi – almeno tre – mascherate da unità industriali ordinarie, la cui produzione comprende pistole, lancia- granate e fucili mitragliatori (Elektromash, Pribor e Kirov), tutte collocate nei pressi di Tiraspol. Secondo informazioni di intelligence, nei depositi militari della Transnistria sarebbero inoltre custodite quantità imprecisate di materiali strategici, in particolare agenti chimici e radioattivi impiegabili per la fabbricazione «artigianale» di ordigni nucleari di bassa potenza, le cosiddette «bombe sporche». Sempre in Transnistria, infine, potrebbero trovarsi alcuni degli ordigni nucleari portatili, denominati suitcase bombs, del peso di circa 40 chili l’uno e grandi quanto una valigia di medie dimensioni, scomparsi dagli arsenali militari sovietici durante il caos conseguente alla dissoluzione dell’Urss. Tutto ciò rigurgiterebbe fuori dalla Transnistria attraverso il porto di Odessa (in Ucraina) e raggiungerebbe i teatri di guerra: il Caucaso, l’Asia Centrale, il Medio Oriente, l’Africa Occidentale e Centrale.

La Transnistria è stata a lungo vista come il più “risolvibile” di tutti i conflitti secessionisti post-sovietici. L’odio etnico è minimo e la maggior parte degli stakeholders accetta in principio il bisogno di reintegrare la Transnistria nella Moldova. La Transnistria stessa potrebbe preferire l’indipendenza o essere parte della Russia, ma non è completamente contraria ad unirsi alla Moldova sotto determinate circostanze, se invitata a fare ciò, specialmente dalla Russia.

Tuttavia, nonostante la sconfitta elettorale di Smirnov, nostalgico dell’era sovietica, e  la conseguente ascesa al potere di Evgeny Shevchuck, leader moderno e pragmatico del partito Rinnovamento, sembra che la politica di indipendenza permanga, anche se qualche miglioramento della situazione interna della regione si è intravisto. Infatti, l’obiettivo primario di Shevchuk nel suo primo anno al potere è stato di consolidare la sua autorità. Egli si è mosso velocemente per nominare alcune delle persone a lui fedeli nelle posizioni chiave dell’apparato statale de facto.

I precedenti ministri e i più noti lealisti di Smirnov, come anche il capo dell’apparato di sicurezza locale, sono stati sostituiti. Shevchuk, inoltre, ha cercato di tarpare le ali dello Sheriff, promuovendo la competizione in relazione ad alcuni dei suoi monopoli. Egli ha anche avuto successo nell’intensificare l’impegno della Transnistria nella costruzione della fiducia. I vari attori nel processo di risoluzione del conflitto, con la partecipazione di Shevchuk, si sono accordati su diversi step che favorirebbero la costruzione della fiducia. Essi hanno promosso le trattative di risoluzione del conflitto nel formato 5+2, composto cioè da Russia, Ucraina e l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE) come mediatori, Moldova e Transnistria come parti del conflitto, UE e USA come osservatori. Connessioni ferroviarie sono state ristabilite tra Moldova e Transnistria. Entrambe le parti hanno approvato la ri-connessione delle linee telefoniche, nonostante ancora non sia stata attuata. Ci sono state, infine, discussioni sulla ri-apertura di un ponte tra le due regioni, al momento non utilizzato.