Di Rosaria Malcangi e Andrea Zolea
Paderno Dugnano. Scacco alla‘ndrangheta. La società civile riconquista il circolo Arci «Falcone Borsellino», profanato dalla mafia calabrese nel 2009. Domenica 17 febbraio Nando dalla Chiesa e Martina Panzarasa, autori del libro «Buccinasco. La ʻndrangheta al nord», pubblicato dalla casa editrice Einaudi, hanno ricostruito la trama del potere mafioso in Lombardia, in un evento pubblico organizzato nel luogo in cui gli ´ndranghetisti festeggiarono il loro nuovo capo.
Era il 31 ottobre 2009. I carabinieri filmarono tutto. Sotto la foto dei due magistrati assassinati dalla mafia, una tavolata disposta a ferro di cavallo e una trentina di convitati. Tutti malavitosi. Frugale il menù: pasta condita con sugo alla ʻnduja (la salsa piccante calabrese), stuzzichini, carne, frutta. Con tanto di brindisi finale in onore di Pasquale Zappia, eletto referente delle cosche calabresi per il nord Italia.
Le indagini degli inquirenti, coordinati dal pm Ilda Boccassini, si conclusero a luglio 2010 con l’arresto di trecento presunti ‘ndranghetisti.
Dopo tre anni e mezzo è arrivata anche la bonifica morale di quel luogo, ormai famoso. Domenica, nel circolo sociale «Falcone Borsellino» si è parlato di mafia e soprattutto di antimafia. Il libro «Buccinasco» ricostruisce i meccanismi attraverso cui le cosche calabresi hanno potuto colonizzare – indisturbate – paesini e città dell’hinterland milanese.
Con gli autori anche Piero Grasso, ex procuratore nazionale dell’Antimafia, attualmente neoeletto senatore nelle liste del Partito democratico al Senato.
La mafia in Lombardia
E’un mito che la mafia al nord sia arrivata solo grazie alle leggi del cosiddetto «soggiorno obbligato» per i mafiosi. Secondo Nando dalla Chiesa:«La spiegazione, cara ai leghisti, è contraddetta dai fatti». Molti esponenti delle organizzazioni mafiose, da liberi cittadini, scelsero di abitare in Lombardia perchè era una zona ricca e un ambiente fecondo. Negli anni ‘70 i primi profitti arrivano con i sequestri di persona. Nel decennio successivo si passa al traffico della droga: i calabresi ottengono l’esclusiva per la cocaina. Accumulano in fretta ingenti quantità di denaro. Ma – come ricorda Martina Panzarasa – l’obiettivo delle organizzazioni criminali non sono tanto i soldi, quanto il potere e il controllo del territorio. Che può iniziare banalmente con l’acquisto di piccoli terreni, come gli orti di Buccinasco. Poi una casa, un bar. E ancora una palazzina, seguita da altri immobili. E magari una società immobiliare e altre attività economiche legate all’edilizia. Su tutte, il movimento terra. Il gruppo criminale diventa parte della società, in grado di rispondere alle richieste della comunità nella quale opera. Premessa che consente di interfacciarsi con gli amministratori locali. E il gioco è fatto.
Mafia e politica
«La mafia – sostiene Piero Grasso – non è solo un fenomeno criminale. E‘ anche un fenomeno sociale, economico, politico». Intercetta bisogni. Per esempio trovare un posto di lavoro a un onesto padre di famiglia, e risponde ad essi in modo tempestivo.
La presenza della mafia a Milano è stata sancita solo nel 2010. Ma, come ricorda Grasso, già nel 1986 durante il maxiprocesso contro la mafia venne fatto il nome dei Ciulla, attivi nel capoluogo lombardo. Buscetta dichiarò che i mafiosi si incontravano a Milano, in via Larga 13. Anche la Commissione parlamentare antimafia nella relazione del 1990 evidenziò la pervasività della mafia al nord. Tuttavia, ancora oggi, la classe politica locale fatica a prendere atto della colonizzazione ormai compiuta dalla mafia. E spesso interpreta la denuncia come un’offesa alla propria comunità.
Mafia, antimafia e donne
Le donne, attraverso il matrimonio, sono spesso strumento di alleanze tra le famiglie mafiose. Talvolta assumono un ruolo ben più strutturato nelle organizzazioni criminali, specie quando i loro uomini finiscono in carcere Ma non sono rari i casi in cui diventano testimoni di giustizia. Madri, mogli, figlie e sorelle rompono il muro di omertà per salvare i loro affetti.
Anche l’antimafia si declina sempre più spesso al femminile. Fondamentale e strategico è il ruolo che hanno assunto negli ultimi anni sindaci donne, assessori e consigliere comunali nella lotta alla mafia.
Lo Stato non può latitare
La mattinata è stata segnata da due interventi arrivati dalla platea. L’ex sindaco di Paderno Dugnano, Ezio Casati, ha esortato a tenere alto il livello di guardia. Drammatico l’intervento di Maurizio Luraghi, ex imprenditore edile, imputato per associazione di tipo mafioso nel processo Cerberus, attualmente sospeso. Citato anch‘egli nel libro «Buccinasco», è un fiume in piena. Denuncia la lentezza con cui lo Stato gestisce il fondo solidarietà per le vittime di mafia. Parla per conto di sua figlia. Imprenditrice come il padre nel settore del movimento terra, è stata minacciata dalla ‘ndrangheta. Ha denunciato, facendo arrestare due persone. L’impresa, dopo un incendio, è fallita. La donna 35enne aspetta di ricevere dallo Stato oltre un milione di euro, per ripartire con una nuova attività. Ma la burocrazia finora ha bloccato i soldi stanziati. Luraghi chiede: «Dov’è lo Stato? Mia figlia viene costantemente lasciata da sola, lo Stato non c’è, noi siamo soli, siamo disperati».