di Carmela Racioppi e Adelia Pantano

Il Sistema Sesto e il caso Penati

immagine articolo carmela adeliaCorruptio corruptionis, recitavano gli uomini dell’antica Roma che di corruzione erano ben esperti. Speculazioni, evasioni fiscali, brogli elettorali attanagliavano l’Urbe e la sua classe politica, che non si mostrava per nulla riluttante a ricorrere a mezzi controversi. Famoso fu il caso di Gaio Licinio Verre, governatore della Sicilia dal 73 al 71 a.C., accusato di concussione e di corruzione, contro cui si scagliò Cicerone nelle sue celebri orazioni, le Verrine. Numerose ruberie e nefandezze compì infatti il funzionario romano nella propria provincia, e molti altri atti illeciti caratterizzarono la sua intera carriera fin quando non partì volontariamente per l’esilio.

Stesso atto d’accusa, a distanza di secoli, è ricaduto su Filippo Penati, esponente Pd e sindaco di Sesto San Giovanni dal ’94 al 2001, divenuto protagonista di un’indagine che ha scosso la vita politica lombarda  nello scorso 2011. L’inchiesta “Sistema Sesto”, così come è stata denominata dalla procura di Milano, avviata nel 2009 e proseguita dai magistrati di Monza, ha rivelato l’esistenza di un giro di mazzette e tangenti che non era certo nuovo per un Paese come l’Italia colpito più volte da fenomeni legati alla corruzione politica. Ingenti somme di denaro sono state versate per realizzare interventi edilizi su due terreni industriali, l’area delle vecchie acciaierie Falck e quella della Ercole Marelli, un tempo il cuore dell’industria lombarda. Proprio Penati, che oltre alla carica di sindaco, ben altre importanti funzioni ha svolto per la regione Lombardia, come quella di Presidente della Provincia, è stato tra i primi ad essere accusato insieme al suo capo di Gabinetto, Giordano Vimercati.  L’intera vicenda è partita dalla dichiarazioni accusatorie di Piero Di Caterina, proprietario della società di trasporti Caronte, che ha svelato ai magistrati un sistema di finanziamenti illeciti ai partiti, di emissioni di fatture false e del pagamento di tangenti per la riqualificazione delle due aree industriali, nel quale era pienamente coinvolto. Testimonianza questa confermata anche dal primo proprietario dell’ex area Falck, Giuseppe Pasini, che ha denunciato le pressioni ricevute dall’entourage del Pd lombardo.

Non solo funzionari politici sono stati travolti dal vento della corruzione, ma anche banchieri, imprenditori e manager  bolognesi delle coop rosse sono stati accusati del reato che ha reso famoso il nostro Verre, raggiungendo così un numero di 30 indagati. Tra i vari nomi, infatti, emerge anche quello di Banca Intesa, simbolo di continuità con gli esponenti politici per la riqualificazione dell’ex acciaieria, la quale era fortemente interessata a questa area per la costruzione di una sua nuova sede;  significative appaiono a tal proposito le pressioni da parte della stessa banca all’imprenditore Pasini per l’acquisto della Falck. Ma l’idea iniziale viene presto abbandonata a favore di un progetto residenziale, che si scontra però con il piano regolatore della città di Sesto. Dopo due anni di contrasti, si conclude l’era Pasini, con la vendita dell’area ad un nuovo imprenditore.

Quella del Sistema Sesto, però, non è una storia recente. Le sue origini, infatti,  risalgono agli anni ’90, periodo da cui si è sviluppata una rete occulta di intrecci tra politica e imprenditoria, che si è protratta per oltre un decennio. Il risultato è stato un vero e proprio sistema tangentizio che ha coinvolto imprenditori di respiro nazionale e persino rappresentanti della dirigenza nazionale del Pd. È l’operazione Serravalle ad allargare gli orizzonti dell’indagine; sotto la guida di Penati, la provincia di Milano ha acquistato, nel 2005, dal Gruppo Gavio, famiglia imprenditoriale italiana,  il 15% delle quote della società proprietaria dell’autostrada Milano-Serravalle. Acquisto dietro cui si sarebbe celato un giro di mazzette dirette al primo cittadino del comune di Sesto, definito dalla Corte dei conti come una “compravendita scellerata”. Un quadro, dunque, di comportamenti illeciti e disonesti che hanno ancora una volta confermato l’alta propensione dei politici italiani a trasgredire le regole e a tradire il bene comune. Una struttura,  all’insegna della disonestà di cui l’ex sindaco di Sesto rappresentava il perno principale. Nel frattempo in attesa di giudizio, Filippo Penati, come il governatore romano di Cicerone,  ha scelto l’esilio dalla politica; ha deciso di abbandonare tale carriera per tornare così ad esercitare il suo ruolo di insegnante di educazione tecnica.

Tale caso ha dimostrato, ancora una volta, la facilità con cui la corruzione, fenomeno dalle origini antiche, agisce tra i gangli del potere facendosi beffa delle piena correttezza. E molti altri sono stati gli eventi che hanno tormentato la Lombardia, una regione in cui le stesse organizzazioni mafiose hanno trovato terreno fertile. Proprio per questo, dunque, è necessario pensare ad una politica che si preoccupi del bene dell’intera collettività e che indietreggi di fronte al male e di fronte a compromessi illeciti, insomma di una politica fatta con la testa, come direbbe il sociologo Max Weber.

 

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